Uomini che odiano le donne. Parafrasando il titolo di un noto best seller di Stieg Larsson, fotografiamo quel fenomeno sociale che riempie le pagine di cronaca nera: la violenza di genere e il femminicidio, quel termine coniato per classificare un delitto la cui vittima è una donna innocente uccisa per mano di un uomo che asseriva di amarla.
Novantasei. Non è un numero qualsiasi, bensì quello delle donne uccise dall’inizio del 2024. Un numero destinato purtroppo ad aumentare.
L’incapacità di accettazione del rifiuto e il morboso senso di possesso che vigono nella testa di alcuni uomini fanno strage nel nome di un amore che non esiste. Uomini piccoli piccoli, disturbati e incapaci di gestire le frustrazioni se non dando sfogo ad un impulso primitivo: la violenza. Una violenza fisica, ma troppe volte anche psicologica, quella del “non vali niente”, “non sei nulla senza di me”. Uno stillicidio di maltrattamenti quotidiani che relegano la donna a uno stato di schiavitù psicologica.
Un fenomeno allarmante in quanto colpisce chiunque, dai ragazzini in piena pubertà agli anziani. La violenza sulle donne non fa sconti a nessuna, nemmeno se la vittima designata è in attesa del proprio figlio come nel caso di Giulia Tramontano, al cui carnefice è stato chiesto l’ergastolo solo alcuni giorni fa. Un caso che ha scosso l’opinione pubblica, così come quello di Giulia Cecchettin, la studentessa di 22 anni brutalmente ammazzata dal fidanzato Filippo Turetta (il “bravo ragazzo che dormiva con il peluche”) l’11 novembre del 2023.
L’efferatezza, la lucidità e la stessa pianificazione del delitto delle due giovani donne – che tragicamente portavano lo stesso nome, Giulia – hanno scatenato indignazione, ma anche una sorta di maggiore consapevolezza, una nuova presa di coscienza: ogni donna è una vittima potenziale.
Il papà di Giulia, Gino Cecchettin, dalla morte della figlia non ha mai smesso di portare avanti la sua battaglia contro la violenza sulle donne. Ha cercato in tutti i modi di non farla diventare un altro numero tra i tanti. Papà Gino ha creato una fondazione in sua memoria, affinché non si spengano mai i riflettori su questo dramma che colpisce la nostra società.
Nei suoi discorsi pubblici, il papà di Giulia sottolinea sempre l’importanza del ruolo della scuola nell’educazione dei giovani, suggerendo l’inserimento di un’ora settimanale dedicata a lezioni di affettività. Sì, perché amare è voler bene e non si può voler bene facendo del male.
Consiglio la lettura di un libro della scrittrice messicana, Premio Pulitzer 2024, Cristina Rivera Garza: “L’invincibile estate di Liliana”. Il racconto di due sorelle, dei loro desideri, dei loro sogni, delle loro follie, del loro sentirsi vicine anche se lontane, delle loro strade percorse insieme e no, dei loro studi, delle loro passioni.
Parla di Liliana che è stata uccisa nel 1990 per mano del suo ex ragazzo e della sorella Cristina che cerca la verità. Un romanzo toccante che sfiora le corde più recondite e che fa riflettere.
Ancora una volta, domani, celebrando la giornata della lotta alla violenza sulle donne, va detto senza se e senza ma: “Non si può più morire perché si è deciso di cambiare”. E nessuno si deve girare dall’altra parte. L’appello va a tutti quelli che “vedono e sentono”, basta chiamare il 1522, il numero di telefono dedicato alle donne vittime di stalking e violenza. Funziona!
La solidarietà e la vicinanza a chi subisce violenza sono fondamentali. La donna maltrattata e/o violentata entra in un vortice mortale di disperazione, un delirio di mortificazioni e paure che da sola non riesce a combattere, arrivando anche all’accettazione supina con le conseguenze che leggiamo in cronaca nera. L’aiuto dall’esterno è fondamentale. Qualche volta anche i social possono svolgere un ruolo utile.
L’esempio arriva da una ragazza che grazie alla diffusione sui social della propria storia di violenza è riuscita a salvarsi dall’ex compagno. Questi, dopo un periodo di latitanza è stato catturato e arrestato in Romania. La chiameremo con il nome di Federica, un nome di fantasia, ma che suona benissimo perché dà adito ad una speranza.






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