Violenza sulle donne: l’importanza di mantenere accesi i riflettori
Qualcuno dice che le giornate dedicate alla celebrazione di date storiche siano inutili perché il giorno dopo, calato il sipario sugli eventi organizzati per l’occasione, tutto tornerà come prima. In realtà una parte di questo pensiero lo condivido, ma allo stesso tempo affermo con decisione la necessità di non smettere mai di lottare affinché i principi di giustizia, eguaglianza sociale e libertà, conquistati con fatica e con il sangue dai nostri avi, possano essere ricordati, celebrati e in alcuni casi anelati con la spinta della gente comune e la forza della politica.
Oggi si celebra la giornata internazionale per la lotta alla violenza sulle donne. Ultimamente, è stata cambiata la dicitura: da “Giornata internazionale contro la violenza sulle donne” a “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne”. Sinceramente non so quale sia la differenza, ma per pragmatismo, lo accetto senza discutere.
In Italia il fenomeno è in drammatica crescita così come in alcuni Paesi nel mondo dove il corpo della donna è ritenuto oggetto di possesso da controllare e gestire per mano dell’uomo (nel privato) e degli uomini (in pubblico). Regole non scritte che albergano nella testa di uomini deboli pronti a dare sfogo alla loro violenza per superare quel senso di inferiorità che sentono di vivere. Una “soluzione” definitiva con la distruzione di quell’”oggetto” che non possono più controllare. A mani nude, con un coltello o magari con un’arma da fuoco.
I dati del fenomeno
Nel 2023 in Italia sono state 96 le donne uccise per mano di un uomo che non ha accettato il rifiuto. Nel 2024 il numero è altrettanto da brividi: 94 fino ad oggi. Una scia di sangue che non si ferma, un crimine che affonda le radici in un’ideologia maschilista che pesa nella testa di alcuni uomini deboli, incapaci di gestire le emozioni negative senza ricorrere alla violenza. “Era un bravo ragazzo” sentiamo dire spesso dopo che si è macchiato del più efferato crimine: uccidere la donna che diceva di amare. I bravi ragazzi non si trasformano in assassini, signori miei, i bravi ragazzi sono altri. Vi prego non lo dite più.
In questi giorni in Italia si è aperto un vivace confronto sul tema del femminicidio. La disputa politica è l’individuazione delle origini del fenomeno. È il femminicidio un retaggio culturale che affonda le radici nel patriarcato? Il ministro dell’Istruzione Valditara ha affermato durante un evento pubblico che anche se il machismo è ancora presente nella nostra società, la figura del padre-padrone-padreterno (patriarcato) sarebbe finita. Parole che hanno suscitato sdegno tra i movimenti femministi che non hanno perso tempo a riprodurre immagini del ministro e a bruciarle in pubblica piazza. Non siamo tornati agli anni ’70, ma mi chiedo se davvero questo distinguo tra patriarcato e idealismo faccia la differenza davanti al corpo straziato di una donna innocente.
Il contrasto alla violenza sulle donne non può essere battaglia di parte
Non possiamo accettare che una battaglia civile come questa possa essere divisiva. E la ragione di quanto scrivo è nel prendere atto che è stata una donna di centrodestra, la prima presidente del Consiglio nella storia repubblicana, a mettere il piede sull’acceleratore per arginare l’orrore che commettono questi piccoli uomini. Insediatasi nel 2022, il presidente Meloni ha messo al centro della sua agenda politica la lotta contro la violenza di genere e, in particolare, il femminicidio. Difatti, il governo ha inasprito le pene previste dalla legge denominata “codice rosso”, promulgata nel 2019, destinando fondi per la prevenzione e sostenendo le donne vittime di violenza.
Sono state apportate incisive modifiche al Codice Penale e a quello di Procedura Penale, rispettivamente con la legge n. 168 del 2023 e la legge n. 12 del 2023.
Il femminicidio è generalmente l’epilogo di una storia lunga, fatta di violenza fisica e psicologica. Pertanto, politiche atte alla prevenzione dei reati sono fondamentali. Da un anno in Italia abbiamo, seppur siano provvedimenti ancora limitati, il rafforzamento delle misure di protezione delle vittime con il finanziamento alle associazioni presenti sul territorio che le accolgono e le sostengono; il reinserimento lavorativo per le donne (l’autonomia economica è essenziale per decidere della propria vita); il potenziamento delle forze dell’ordine.
Occorrono tempi più rapidi per impedire tragedie
Per la prima volta nella nostra storia il governo ha attuato un intervento significativo che modifica anche i procedimenti di giustizia in materia di violenza di genere. Un’innovazione particolarmente importante, perché uno dei problemi più evidenti nella lotta contro il femminicidio in Italia è la lentezza dei processi e l’inefficienza del sistema giudiziario. L’idea è quella di ridurre i tempi di attesa per le vittime e garantire che i colpevoli di violenza domestica vengano processati con maggiore celerità.
La continuità nella lotta alla violenza sulle donne dal 2019 ad oggi evidenzia chiaramente la compattezza che c’è, e deve esserci, nell’affrontare questo dramma che non ha appartenenza politica. Alla sinistra, a cui va il merito di aver combattuto per conquiste civili come il divorzio e il diritto all’aborto, diciamo che non può strumentalizzare una battaglia unitaria. Ripeto: non vi è alcuna appartenenza partitica o politica davanti ad un omicidio volontario di una donna che aveva scelto solo di vivere.
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