Sandokan si “pente” e collabora con la Dda di Napoli
Una notizia epocale quella diventata di pubblico dominio oggi. Francesco Schiavone, storico boss dei casalesi in carcere dal 1998 e noto come “Sandokan”, ha deciso di pentirsi e collaborare con la giustizia. Una scelta già fatta negli scorsi anni dal primogenito Nicola (2018) e dal secondogenito Walter (2021). Ebbe tale soprannome in gioventù a causa di una vaga somiglianza con l’attore Kabir Bedi. Questi recitava negli anni Settanta in una celebre serie televisiva, interpretando proprio il personaggio creato dalla penna di Salgari.
Difficile sopravvalutare la carriera criminale di Sandokan, che ha appena compiuto 70 anni, essendo nato nel marzo 1954. Schiavone fece il rito d’iniziazione nella camorra nel 1981, anche se ne faceva parte di fatto già da diversi anni. È stato infatti autista e guardia del corpo del boss Umberto Ammaturo. Il primo arresto risale al 1972 per possesso di armi da fuoco. All’epoca si era nel pieno dello scontro tra la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo e la Nuova Famiglia. Un cartello di clan, quest’ultimo, che alla fine riuscì a prevalere.
Sandokan fu abile a provocare la morte del boss Antonio Bardellino nel 1988, considerato il fondatore dei casalesi, aizzandogli contro Mario Iovine, allora braccio destro di Bardellino. La morte di Iovine nel 1991 apri per Sandokan il comando dei casalesi, pur affiancato da altre importanti figure di spicco, come Francesco Bidognetti, Michele Zagaria e Antonio Iovine (quest’ultimo pentitosi nel 2014).
Il boss camorrista è stato in regime di carcere duro per 26 anni. Il suo ultimo arresto risale infatti al luglio 1998. Le Forze dell’ordine fecero allora irruzione nel bunker di Schiavone a Casal di Principe, dove si trovava insieme alla moglie e alle due figlie avute in latitanza. Per chi volesse approfondire la sua storia criminale rimandiamo al presente documentario.
Nei giorni scorsi Sandokan (affetto probabilmente da un tumore) è stato trasferito dal carcere di Parma a quello de L’Aquila. I familiari hanno preso le distanze dal boss, rinunciando al programma di protezione che lo Stato mette in campo per i parenti dei pentiti. Facile immaginare che il pentimento di Sandokan possa aprire scenari molto preziosi per gli inquirenti, permettendo di conoscere finalmente molte pagine di storia occulta del nostro Paese.