L’ultimo tabù è saltato, Zelensky è sempre più isolato
“Dio è morto” annunciò un noto filosofo austriaco, osservando la fine delle certezze granitiche dell’Occidente. L’accelerazione della storia di questi ultimi mesi sembra proprio confermare l’assunto. I dogmi liberal si stanno infatti sciogliendo come neve al sole. Tra questi una politica estera ideologica e manichea, che nello scontro con la Russia ha trovato il suo drammatico apice. Poco più di due anni fa, Zelensky firmava una legge che impediva qualsiasi trattativa con Putin. Esaltato dalla resistenza del popolo ucraino (eroica, su questo non discutiamo), si era convinto di poter piegare la realtà e i rapporti di forza.
Un gioco di specchi e di propaganda a cui forse ha finito per credere egli stesso (o forse no?) e che ora gli si sta rivoltando contro. La Russia, non è un mistero, sostiene di essere in conflitto, neanche troppo indiretto, con l’Occidente collettivo. L’Ucraina è solo il terreno e la carne da macello utilizzata da Washington e sodali per fiaccare l’orso russo. Sconfiggere è un verbo che sembra uscito dai media nostrani, probabilmente giunti a più miti consigli.
Per questo le dichiarazioni di Zelesnky di poche ore fa appaiono epocali. Il presidente ucraino ha infatti comunicato la propria disponibilità a trattare con Putin: “Se questa è l’unica opzione con cui possiamo portare la pace ai cittadini ucraini e non perdere vite sicuramente opteremo per questa scelta”, ha spiegato al giornalista britannico Piers Morgan.
Viene da chiedersi perché a una simile convinzione non potesse giungere prima di dover piangere centinaia di migliaia tra morti e feriti, per non parlare dei milioni di sfollati ed emigrati. La risposta, purtroppo non particolarmente nobile, è abbastanza semplice: perché Kiev è ormai l’oggetto dei negoziati diretti (e non nascosti) tra Mosca e Washington.
Putin e Trump, del resto, concordano sul fatto che in Ucraina si debbano tenere nuove elezioni prima di riaprire i negoziati di pace. Tradotto: occorre togliere di mezzo Zelensky, personaggio sempre più ingombrante. Siamo dunque arrivati al contrappasso: è semmai la Russia che si rifiuta di trattare finché non vi sia un cambio al vertice di Kiev.
Quanto fosse precaria la situazione per Zelensky lo si desume da alcune sue dichiarazioni di dicembre, quando ammise l’impossibilità di riconquistare Donbass e Crimea. Proprio il contrario di quanto ripetuto in tutte le salse negli ultimi due anni.
Massimo deve essere il rispetto per gli ucraini che hanno subito lutti da questa tragedia. A prescindere dalle responsabilità dello scoppio della guerra, infatti, milioni di persone hanno difeso la propria Patria fino all’estremo sacrificio. Viene però da piangere a pensare che una classe politica illuminata e pragmatica potesse molto probabilmente evitare una simile catastrofe. La classe politica reale si è impegnata semmai ad allargare il burrone in cui è finito il popolo ucraino. I nodi, però. seppur per mera realpolitik, sembrano essere venuti al pettine.






Sarebbe bello scoprire cosa ne pensano gli ucraini di un articolo simile, perchè vedere Putin voler decidere comodamente il prossimo leader ucraino con cui trattare (come se fosse lui a dover decidere per lo stato ucraino), può essere considerato da fuori di testa, ma vedere un articolo scritto da italiani che appoggiano la cosa, è proprio da scellerati. Un continuo dondolare tra “gli ucraini sono eroi e hanno fatto bene a difendersi” e “si, ma se si fossero arresi prima sarebbero molte meno persone”, che rasenta ragionamenti da asilo o filorussi, difficile scegliere la deriva corretta. Non si legge da nessuna parte che dovrebbe essere Putin ad essere destituito, visto i danni che ha fatto e continuerà a fare, l’importante è togliere di mezzo Zelensky. Bene, al prossimo stato confinante, magari europeo, vedremo se verrà consigliato di arrendersi, o cambiare il proprio presidente per seguire i desideri di Putin, nel frattempo vediamo se mai ci sarà una pace, quali saranno le condizioni, e quanta ucraina verrà rubata da parte della russia.