Le presidenziali 2024 incoronano anche la Florida
Lungi da noi distogliere l’attenzione dalla netta vittoria di Donald Trump a una tornata di presidenziali che verrà ricordata come una delle più sentite di sempre. Eppure, al netto di percentuali e numero di grandi elettori conquistati, c’è un altro elemento che c’interessa porre sotto i riflettori. Ci riferiamo al soft power travolgente della Florida, protagonista a livello mondiale dello scontro Trump-Harris (e non solo). Ma procediamo con ordine.
Ieri notte gli occhi di mezzo mondo si sono rivolti a Palm Beach. Qui Trump ha infatti tenuto il suo primo discorso da rieletto. Subito prima, il tycoon ha atteso i risultati elettorali a Mar-a-Lago. Luogo non casuale visto che nel 1985 l’imprenditore newyorkese vi acquistò la villa di lusso tutt’ora di sua proprietà e ormai conosciuta a livello internazionale. Questa venne realizzata negli anni Venti del secolo scorso con il proposito di farla diventare la residenza invernale dei presidenti USA. Oggi è diventata invece il simbolo del sodalizio tra Trump e la Florida.
Se Kamala Harris ha preferito collocare il comitato elettorale a Washington D.C., precisamente nel suo ateneo di provenienza, la Howard University, diversa è stata la scelta del candidato repubblicano. Torniamo così alla Palm Beach sopramenzionata. Emblematico che per (ri)entrare alla Casa Bianca il vincitore sia dovuto uscire da Washington D.C. Come se la strada per il centro passasse per la “periferia”, seppur dorata.
La Florida probabilmente non fa parte di quell’America profonda tanto citata (e poco conosciuta) dai media europei. Eppure è un caso che merita la massima attenzione. Un tempo Stato conteso, oggi il Sunshine State è uno dei più conservatori a livello federale. Tanto da diventare un approdo sicuro per i transfughi della Grande Mela, sempre più alle prese con criminalità e degrado.
Non a caso l’unico sfidante papabile di Trump durante le primarie repubblicane è stato il governatore Ron DeSantis. Anche in questo caso nel Vecchio Continente si è provato, strumentalmente, a dipingerlo come un esponente più legato all’establishment. Chi conosce la Florida sa bene quali posizioni abbia invece mantenuto negli anni DeSantis su temi quali immigrazione, fisco, rivendicazioni LGBT, aborto e chi più ne ha più ne metta.
DeSantis ha scelto alla fine di appoggiare Trump, una volta compreso che questi continuava a mantenere la fiducia dell’elettorato del GOP. Da ricordare inoltre come il governatore abbia offerto il proprio supporto al tycoon durante la caccia alle streghe giudiziaria scatenatagli dalle toghe di New York.
Questa, tuttavia, è ormai cronaca trasformatasi in storia. Il dato a importarci oggi è un altro. La Florida sembra infatti avere di fronte a sé un futuro radioso. Tutti parlano dell’importanza del Midwest. Non ci sentiamo di smentirli. La rinascita americana, tuttavia, prima di raggiungere la capitale federale, è partita da qua.






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