Le proteste pro-Palestina e l’ombra dell’antisemitismo
Dall’attacco del 7 ottobre ad oggi, le proteste a sostegno dello Stato di Israele da una parte e della popolazione palestinese dall’altra si sono moltiplicate. Mentre in un primo momento le manifestazioni di solidarietà per Israele hanno prevalso, i dati suggeriscono che non appena l’esercito di Tel Aviv ha avviato le operazioni di terra a Gaza, il supporto per i palestinesi è diventato predominante. Entrambi i fronti hanno fisiologicamente incluso toni moderati ma anche voci più radicali che sono più volte sfociate nell’antisemitismo, mentre le manifestazioni in supporto della pace in senso assoluto sono state modeste.

Purtroppo, in numerosi casi la solidarietà per la popolazione palestinese si è accompagnata a sentimenti d’odio e vendetta nei confronti degli israeliani – che nei peggiori dei casi si sono espressi in veri e propri episodi di antisemitismo – piuttosto che a una genuina richiesta di pace.
Il rischio strisciante dell’antisemitismo nelle università
La copertura mediatica della guerra e della crisi umanitaria che si stanno consumando all’interno della Striscia di Gaza ha avvicinato molti al tema del conflitto israelo-palestinese. Come spesso accade, di tutti gli attivisti i giovani in particolare sono quelli che manifestano con più trasporto per i propri ideali. Per questo motivo, negli ultimi mesi le università statunitensi hanno visto moltiplicarsi i cortei degli studenti che sventolavano alternativamente la stella blu di Davide o la bandiera palestinese.
Come fa notare Alex Morey della Foundation for Individual Rights and Expression, una no-profit per le libertà civili negli Stati Uniti, “Questo è un momento estremamente complicato per la libertà d’espressione nei campus universitari. Entrambi i fronti hanno visioni profondamente ferventi, radicate e intrattabili”. Suggerendo ai college di mantenere una posizione istituzionale neutra, Morey consiglia: “se vogliamo creare un clima ideale per il dibattito e la discussione nei campus, l’unico modo è uscire dal dibattito”.
Al contrario, mentre il bilancio delle vittime a Gaza sale e le critiche nei confronti del governo israeliano si intensificano, numerose università in tutto il Paese sono state accusate di non aver fatto abbastanza per proteggere gli studenti ebrei da attacchi di matrice antisemita.
I rettori al banco di prova
In conseguenza a questa ondata di odio antisemita, lo scorso martedì 5 dicembre la Commissione per l’Istruzione e il Lavoro della Camera americana ha annunciato un’indagine su tre università in particolare che non avrebbero fatto abbastanza per prevenir episodi di odio contro gli ebrei. Si tratta di prestigiosi istituti dell’Ivy League, Harvard e Massachusetts Institute of Technology, e dell’Università della Pennsylvania.
Testimoniando di fronte alla Commissione, le rettrici – rispettivamente Claudine Gay, Sally Kornbluth e Elizabeth Magill – hanno sottolineato che c’è una linea molto sottile tra proteggere la libertà d’espressione e garantire il diritto a protestare mentre si combatte l’antisemitismo.
Lo scivolone di Magill
Difendendo il proprio operato, Magill ha affermato: “So che sicurezza e diritto d’espressione sono essenziali per far prosperare le università e la democrazia. Di questi tempi può essere difficile mantenere un equilibrio tra questi principi concorrenti, ma sono determinata a farlo”.
Ma quando la rappresentante dello Stato di New York Elise Stefanik le ha ripetutamente chiesto se “invocare il genocidio degli ebrei” violasse il codice di condotta dell’università, Magill è incappata in un grosso guaio. Incalzate dalle domande della Commissione ed esauste dopo 5 ore di udienza, la rettrice della Penn’s e dopo di lei anche quella del MIT hanno risposto che “dipende dal contesto“. Quattro giorni più tardi, Magill si è dimessa dal ruolo, pur mantenendo una cattedra alla Penn. Le colleghe stanno ancora affrontando il contraccolpo e si sono scusate per alcune delle dichiarazioni fatte davanti alla Commissione.
A rischio i finanziamenti federali…
In occasione degli eventi che la Casa Bianca ha ospitato per l’inizio dell’Hanukkah, il presidente Joe Biden e il first gentlement ebreo Doug Emhoff hanno ribadito che l’ondata di antisemitismo che investe il mondo intero e gli Stati Uniti è “rivoltante”. La stessa preoccupazione veniva espressa un mese fa dal segretario dell’Istruzione Miguel Cardona. In un’intervista alla CNN, Cardona ricordava che se i college americani non sono in grado di combattere antisemitismo, islamofobia o altre forme di intolleranza possono perdere il diritto ai finanziamenti federali. “Se dovremo trattenere i fondi per campus che si rifiutano di adempiere al loro dovere, lo faremo” aveva concluso il Segretario.
Ma soprattutto quelli dei benefattori ebrei
Un’altra sfida consistente per le università private arriva dai grandi donatori ebrei che minacciano di tagliare i finanziamenti che sostengono considerevolmente i bilanci di diversi campus. Numerosi imprenditori, donatori e politici ebrei intendono punire in questo modo le loro università per non aver condannato l’aggressione perpetrata da Hamas e per non aver supportato gli studenti ebrei in questo momento complicato. Secondo il direttore di Alums for Campus Fairness, un’organizzazione che combatte l’antisemitismo nei college, quando i manifestanti cantano “From the river to the sea” stanno in realtà invocando la distruzione dello Stato di Israele. E questo, secondo lui, è un discorso d’incitamento all’odio che le università devono riconoscere e condannare.
Secondo il Jerusalem Post, i cosiddetti mega-donors ebrei hanno già diminuito del 90% le donazioni rispetto alle somme che normalmente versano. Il mese scorso, il presidente dell’Organizzazione Mondiale Sionista Yaakov Hagoel ha esortato i donatori ebrei e le comunità ebree della diaspora a interrompere i finanziamenti a istituzioni accademiche che “promuovono l’odio contro gli ebrei”. Così, il miliardario ebreo Henry Swieca si è dimesso dal consiglio della Columbia Business School. Il CEO di Victoria’s Secret Les Wexner ha ritirato i fondi dalla Harvard University, che ha foraggiato con milioni di dollari per 34 lunghi anni. Alla UPenn, il miliardario Ronald Lauder della Estée Lauder ha interrotto le proprie donazioni.
Così ora le università dovranno pensare a come risolvere il problema dell’antisemitismo, ma anche trovare nuovi finanziatori.
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