Il voto del Parlamento Europeo: stop alle immatricolazioni di auto a benzina e diesel
Il Parlamento europeo ha votato ieri il provvedimento che vieta le nuove immatricolazioni di veicoli a benzina e diesel a partire dal 2035. Il provvedimento ha registrato 340 voti favorevoli e 279 contrari, con 21 astenuti. A Strasburgo i tre partiti italiani di governo si sono opposti allo stop, mentre il Partito Democratico, i Verdi e Italia Viva hanno votato a favore.
L’iniziativa del Parlamento Europeo è coerente con gli obiettivi di “Fit for 55%”, il pacchetto di misure volte alla riduzione delle emissioni di almeno il 55% rispetto al 2030 e di rendere l’UE climaticamente neutra entro il 2050. Sforzi lodevoli che però rischiano di forzare il passo, soprattutto in quei Paesi, come l’Italia, dove l’auto elettrica non ha ancora sfondato e c’è una forte disparità infrastrutturale e di reddito. Differenti condizioni di partenza per quanto riguarda Nord e Sud, che richiederebbero un approccio più comprensivo e, soprattutto, non ideologico. I prossimi anni vedranno se quello avvenuto a Strasburgo sia stato un rischio calcolato o un mero azzardo. Ad ogni modo il Parlamento Europeo ha inserito nel testo una clausola di revisione, grazie alla quale nel 2026 la Commissione Europea potrà valutare l’efficacia del provvedimento.
Cosa accadrà ai veicoli già in circolazione
Lo stop alle auto a benzina e diesel non significa la dismissione dei veicoli già in circolazione. Dopo il 2035 sarà infatti possibile continuare a girare con le automobili precedenti, che potranno ancora essere comprate e vendute nel mercato dell’usato. Certamente il divieto di nuove immatricolazioni a partire dal 2035 comporterà sul medio periodo la fuoriuscita di questi veicoli per il progressivo aumento dei costi dei prezzi di ricambio e della manutenzione.
Salvate le auto di lusso
Diverse le disposizioni per quanto riguarda gli autocarri e i pullman, per cui la riduzione delle emissioni è fissata al 90% entro il 2040. I normali autobus che circolano nelle nostre città, al contrario, dovranno ridurre le emissioni del 100% già a partire dal 2030. Deroghe sono invece previste per le case automobilistiche che producono meno di 10.000 auto l’anno (limite che sale a 22.000 per quanto riguarda i furgoni): esse potranno usufruire di tutto il 2035 per rientrare nei parametri indicati dal provvedimento. Tale deroga è andata incontro alle richieste italiane di avere un occhio di riguardo verso i nostri marchi storici. Per quanto infine riguarda i produttori sotto i 1.000 veicoli l’anno, essi non saranno sottoposti ad alcun limite in fatto di emissioni.
Stop a benzina e diesel: le proteste italiane
Il rischio che la transizione ecologica venga fatta pagare alla classe media, a costo di grandi sacrifici economici, è molto concreto. Per questo il governo italiano si è opposto al provvedimento, vedendo i tre principali partiti di maggioranza tenere una linea comune. Fratelli d’Italia ha messo in guardia dal rischio che l’elettrificazione a tappe forzate comporti una crescente dipendenza dall’estero (leggi Cina), oltre alle stesse ricadute ambientali, visto l’impatto dell’estrazione dei materiali necessari alle batterie elettriche. Per non parlare, appunto, dei costi sociali, che rischiano di essere tutti caricati sulle spalle dei cittadini più fragili. Sulla stessa linea il leader della Lega, Matteo Salvini, che ha definito quella di Strasburgo una decisione folle contro l’Italia. Parimenti, l’eurodeputato forzista Massimiliano Salini ha parlato di un “grave errore industriale e politico”.
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