L’inflazione preoccupa gli osservatori economici e i consumatori
Che la pandemia del 2020 avrebbe causato una forte inflazione era stato già pronosticato da molti analisti economici. A trainare il vertiginoso aumento dei prezzi è stato il costo delle materie prime e degli idrocarburi, con la guerra in Ucraina che ha implementato gli effetti dannosi per l’economia globale. Il 2023 potrebbe rappresentare l’anno di svolta per un ritorno alla normalità ma i primi dati forniti in ambito americano non suscitano particolare ottimismo.
Secondo il Bureau of Labour Statistics, l’agenzia governativa americana che monitora e analizza gli scenari economici a stelle e strisce, a gennaio 2023 la crescita dell’indice dei prezzi al consumo si è attestata sul 6,4%. Si tratta di un dato lievemente inferiore al 6,5% di dicembre, restando però più alto di diversi punti decimali rispetto a quanto preventivato da mercati e osservatori economici. Un dato che sembra posporre un significativo rallentamento dell’inflazione nei prossimi mesi.
Inflazione: la risposta della Federal Reserve
Come è noto, uno degli strumenti a disposizione delle Banche Centrali per incidere sull’inflazione è quello di alzare o abbassare i tassi d’interesse. Ciò permette di far crescere o di diminuire il costo del denaro, con la conseguenza di avviare una politica economica restrittiva oppure espansiva. Visti gli scenari macroeconomici e il perdurare dell’inflazione, la Fed americana sta optando decisamente per la prima scelta.
“Sarà necessaria una politica restrittiva per diverso tempo” aveva dichiarato a inizio febbraio Jerome Powell, numero uno della Federal Reserve. In quell’occasione la banca centrale USA aveva alzato i tassi dello 0,25%, prevedendo altri due aumenti nei mesi successivi. Il costo del denaro si è così attestato fra il 4,5% e il 4,75%, raggiungendo un livello che non si toccava dal settembre 2007, dunque addirittura prima che la bolla dei mutui subprime provocasse una crisi economica globale.
Crisi economica e tensioni geopolitiche: il rischio di una tempesta perfetta
Molto spesso le crisi economiche hanno condotto o favorito turbolenze geopolitiche. Le lancette della storia, purtroppo, hanno iniziato a correre con una velocità molto diversa rispetto ai decenni post Guerra fredda. Lo scenario attuale vede i tre principali attori avvitati in una crisi molto preoccupante. I due pesi massimi, USA e Cina, si studiano in attesa del redde rationem. Il terzo, la Russia, è distaccata di molto ma già è coinvolta “stivali a terra” nel più cruento conflitto europeo dopo la Seconda guerra mondiale.
Dagli economisti classici il commercio e il benessere economico sono stati dipinti quali antidoti ai conflitti. La tensione sta però corrodendo dall’interno le principali società del globo, aumentando polarizzazioni e violenza. Oltre all’inflazione, dunque, non resta che sperare in un rallentamento dell’apocalissi bellica, favorita da una diversa percezione del dolore, frutto avvelenato della crisi economica.
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