Auto elettriche: 3.882 operatori contro Biden
“Nessuna agenzia governativa, nessun think-tank e nessun istituto di sondaggi conosce meglio di noi i clienti di auto”. Un presupposto da manuale quello contenuto nella lettera che 3.882 hanno indirizzato al presidente Biden. Mentre l’amministrazione dem punta sulla decarbonizzazione, i modi e i tempi previsti vengono considerati irrealistici da parte degli operatori del settore. Già a giugno contro la politica di Biden sulle auto elettriche si era espressa l’associazione che rappresenta i costruttori, l’Alliance for Automotive Innovation.
Questa volta sono stati i concessionari americani a prendere di mira gli standard fissati dall’EPA, l’Environmental Protection Agency. Nei mesi scorsi Biden aveva annunciato come entro il 2032 quasi il 70% delle nuove immatricolazioni sarebbe stato elettrico. Un cronoprogramma che però si scontra con la dura realtà. “L’anno scorso – si legge nella protesta inviata al presidente USA – c’erano molte speranze e aspettative sui veicoli elettrici, ma quell’entusiasmo si è fermato”.
“Oggi – proseguono i concessionari – la disponibilità di Bev [Battery Electric Vehicle] invendute è in aumento, anche con profondi tagli ai prezzi di listino e con i generosi incentivi dei costruttori e del governo. Per quanto siano ammirevoli, gli obiettivi delle normative richiedono che l’accettazione da parte dei consumatori diventi realtà. Ogni giorno che passa diventa sempre più evidente che questo tentativo di imporre i veicoli elettrici non è realistico sulla base della domanda attuale e prevista. I veicoli elettrici si stanno già accumulando nei nostri parcheggi e questo è il migliore indicatore del mercato”.
Molteplici e comprensibili le motivazioni che spaventano i consumatori. A cominciare dai proverbiali costi elevati che le auto elettriche comportano. Arrivando poi alla scarsità di punti di ricarica, nonché ai rischi all’autonomia in presenza di un clima rigido o molto caldo. A essere criticati, dunque, non sono gli incentivi in sé ma le misure draconiane che non tengono conto della realtà e delle preferenze dei consumatori. Curioso che ciò accada proprio in un Paese come gli Stati Uniti, dove la libertà di mercato dovrebbe essere ancora un valore.