Stanno moltiplicandosi gli annunci ufficiali di “boicottaggio diplomatico” ai giochi Olimpici invernali di Pechino che prenderanno il via il 4 febbraio del 2022.
Dopo la Nuova Zelanda sono arrivati gli annunci del presidente Biden, per quanto riguarda le delegazioni degli Stati Uniti, e successivamente quelli del ministro Scott Morrison per l’Australia. Ora è la volta di Boris Johnson per la Gran Bretagna e del il premier canadese Justin Trudeau.
Nessuno di questi paesi infatti invierà rappresentanze diplomatiche durante i giochi di Pechino. Una scelta che non coinvolge gli atleti che prenderanno regolarmente parte ai giochi ma che, in maniera molto forte, testimonia la netta contrapposizione di questi paesi che protestano contro le violazioni dei diritti umani in Cina.
La reazione Cinese
Per quanto non si tratti di un boicottaggio completo, Pechino non ha accolto di buon grado l’annuncio di Washington, che definisce una “farsa”. Gli Usa “pagheranno” per il boicottaggio. Questa la durissima reazione cinese. “Gli Stati Uniti stanno cercando di rovinare i Giochi olimpici invernali di Pechino “per pregiudizi ideologici e sulla base di voci e bugie”. Sono queste le parole del portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian.
“Questo dimostra solo – continua il ministro cinese – le loro cattive intenzioni e intaccherà ulteriormente la loro autorità morale e la loro credibilità”. La decisione americana, che sta trascinando a cascata quelle di altri importati paesi, ha “intaccato le basi e l’atmosfera degli scambi sportivi tra Cina e Usa e la cooperazione sulle Olimpiadi”.
Gli Usa – ha detto ancora Zhao, “si sono dati la zappa sui piedi”, dovrebbero “capire le gravi conseguenze della loro mossa”. “La Cina è pronta per i Giochi Olimpici e Paraolimpici invernali e siamo certi che saranno un successo. Gli Usa vogliono solo politicizzare lo sport, creare divisioni e provocare scontri”
La posizione italiana
L’Italia non boicotterà i Giochi di Pechino. Il nostro paese non seguirà gli Stati Uniti nella decisione, annunciata dalla Casa Bianca, ed invierà invece regolarmente la sua delegazione diplomatica ai Giochi. Lo riferiscono diverse fonti di governo precisando, tra l’altro, che a Pechino la Cina consegnerà il testimone all’Italia per i giochi invernali Milano-Cortina del 2026, ed anche per questo “non possiamo mancare” – riferisce una fonte di altissimo livello governativo.
Le violazioni dei diritti umani contestate
Sono tante – strumentali o meno come afferma la Cina – le contestazioni che molti paesi, Stati Uniti in testa, muovono alla Cina. In primis però c’è la questione Uigura.
Già qualche anno fa infatti gli Usa avevano accusato la Cina di genocidio per la crudele repressione contro la minoranza uigura nella provincia cinese dello Xinjiang, anche se Pechino ha ripetutamente respinto tali accuse. Le relazioni si sono irrigidite anche per la situazione ad Hong Kong.
I precedenti boicottaggi olimpici
E’ la prima volta che viene attuato un boicottaggio “diplomatico”, ovvero un segnale forte ma che non coinvolge gli atleti, come è avvenuto invece per ben sei volte nella storia delle Olimpiadi moderne.
Il caso più noto è quello delle Olimpiadi di Mosca del 1980, boicottate da 65 nazioni per protestare contro l’invasione sovietica dell’Afghanistan. Nelle Olimpiadi successive – quelle di Los Angeles del 1984 – furono la Russia assieme a 14 nazioni del blocco sovietico – per rappresaglia – a vietare ai propri atleti di partecipare ai giochi americani.
La Cina stessa ha attuato questa forma di protesta nella edizione di Melbourne nel 1956: alla base della decisione c’era la questione di Taiwan, l’isola su cui la Repubblica Popolare rivendica la sovranità e oggi è di nuovo al centro delle tensioni con gli Stati Uniti.
Proprio nei giochi del 1956, Spagna, Paesi Bassi e Svizzera non inviarono atleti in protesta per l’invasione dell’Ungheria da parte dell’Unione Sovietica, avvenuta solo poche settimane prima, mentre Egitto, Iraq e Libano non parteciparono per la crisi del canale di Suez contro Israele, Francia e Gran Bretagna.
Dal 1964 al 1992, fu vietata la partecipazione del Sudafrica alle Olimpiadi per la politica di apartheid. I Giochi Olimpici hanno risentito anche degli attriti tra le due Coree: la Corea del Nord rifiutò di partecipare ai Giochi Olimpici di Seul 1988 per non avere ricevuto il permesso di organizzare i Giochi con la Corea del Sud.