E’ stato forse uno dei vertici più lunghi della storia dell’Unione Europea ma alla fine l’intesa è arrivata.
Il Recovery found ora è una realtà che vale ben 750 miliardi. Un accordo storico per certi versi che hanno permesso alla Merkel di affermare orgogliosa: «L’Europa è capace di aprire nuovi orizzonti». Affermazioni stemperate però dal leader francese Macron per il quale esistono “diverse visioni di Europa”, e si sono chiaramente viste in queste notti di trattative continue.
L’Unione europea potrà dunque finanziare la ripresa economica dopo la grave crisi pandemica. “La magia dell’Europa funziona” ha affermato compiaciuto il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel accanto a Ursula von der Leyen che qualcosa ha da recriminare viste alcune rinunce fatte per raggiungere un compromesso accettabile da tutti.
E’ certamente la vittoria di Angela Merkel ed Emmanuel Macron che non a caso si sono presentati fianco a fianco in sala stampa, orgogliosi di aver proposto, sostenuto e difeso questo piano.
Ma si sa, in politica quando c’è un successo la vittoria è di tutti. Dalla finlandese Sanna Marin allo spagnolo Pedro Sanchez, dal croato Andrej Plenkovic all’ungherese Viktor, tutti al termine del summit hanno rivendicato i rispettivi successi nazionali.
Dimentichiamo dunque che per arrivare a questo compromesso ds è dovuto accettare un taglio netto ai fondi per la sanità, per la ricerca e pure a quelli per la transizione energetica, tanto voluti dalla Polonia che pretendeva chiare condizioni legate agli obiettivi climatici.
La svolta è arrivata nel pomeriggio di ieri. Al quarto giorno consecutivo di negoziati, Charles Michel (sempre ispirato da Merkel e Macron) è riuscito a trovare la chiave per mettere tutti d’accordo e al tempo stesso salvaguardare il volume totale del piano proposto dalla Commissione. Ma ha dovuto cambiare la ripartizione dei 750 miliardi del “Next Generation EU”: le sovvenzioni scendono a 390 miliardi (erano 500) e i prestiti salgono a quota 360. Un risultato frutto del pressing dei Paesi cosiddetti “frugali” che hanno insistito per portare la cifra dei “grants” sotto la soglia dei 400 miliardi. Macron ha dovuto cedere accettando di scendere di 10 miliardi sotto la soglia dei 4000 che fino a poche ore fa aveva considerato un limite invalicabile. Ma questa concessione ha consentito ai “frugali” (Austria, Paesi Bassi, Svezia e Danimarca) di cantare vittoria. Anche perché i quattro si portano a casa ulteriori sconti nella loro quota di versamenti al bilancio Ue.
Ancora presto per fare un calcolo esatto delle quote che spetteranno a ogni Paese ma l’Italia è convinta di essere il Paese che più beneficia degli stanziamenti di Next Generation Eu, ottenendo il 28% del totale:208,8 miliardi, di cui quasi 82 di sussidi a fondo perduto e 127 di prestiti. Si tratta di ben 36 miliardi in più rispetto alla proposta originaria della Commissione che per noi aveva previsto uno stanziamento da 173 miliardi.
Facendo i conti dunque il piano complessivamente di 750 miliardi prevede ben 390 miliardi conferiti a fondo perduto. Gli 81,4 miliardi di sovvenzioni inizieranno ad arrivare verosimilmente a partire dalla primavera 2021 e andranno spesi in fretta: entro il 2023. Dovranno servire per finanziare le riforme proposte dal governo sulla base delle raccomandazioni della Commissione.
Anche sulla governance c’è da essere soddisfatti. Nessun veto potrà essere posto dei Paesi membri. Il via libera dovrà arrivare in sede di Consiglio Ue a maggioranza qualificata in base alle proposte presentate dalla Commissione. Sull’iter di approvazione alla fine l’ha spuntata Mark Rutte, che ha incassato il cosiddetto “freno di emergenza” per poter congelare l’erogazione dei fondi verso un Paese in caso di non rispetto della tabella di marcia delle riforme.
Tante “soluzioni creative” dunque ma che consentono a tutti di tornare a casa cantando vittoria.