“La grande famiglia”: il ponte tra italoamericani e Belpaese
“Saruman ritiene che soltanto un grande potere riesca a tenere il male sotto scacco. Ma non è ciò che ho scoperto io. Ho scoperto che sono le piccole cose, le azioni quotidiane della gente comune che tengono a bada l’oscurità. Semplici atti di gentilezza e amore”. Così J.R.R. Tolkien faceva dire a Gandalf nell’iconico Il Signore degli Anelli. Oggi parleremo proprio di una piccola storia, grande però per quello che rappresenta. Nella New York degli anni Cinquanta, infatti, vide la luce una trasmissione radiofonica geniale ed emozionante, dal titolo La grande famiglia, rivolta agli italoamericani della Grande Mela.
Grazie allo sponsor di un’azienda di pomodori, chiunque avesse acquistato 10 etichette dei suoi prodotti avrebbe avuto accesso a un servizio inusuale. Un corrispondente sarebbe infatti andato dai parenti ancora in Italia, registrandone le voci in un periodo storico in cui il telefono non era ancora uno strumento di massa. Per 13 stagioni, come spiega l’ufficio stampa della Rai, la trasmissione fu “per moltissime persone l’unico legame con gli affetti e la terra di origine”.
L’ideatore del podcast, Cristiano Barducci, scopre nel 2022 che esistono migliaia di dischi con le registrazioni di quelle puntate, conservati dalle famiglie degli italoamericani come ricordo. Barducci compie così un lavoro meticoloso per restituire agli italiani di oggi quell’atmosfera, tessendo un filo intergenerazionale. Ecco dunque che rinasce La grande famiglia, titolo anche del podcast targato RaiPlay Sound. La direzione artistica del progetto è di Andrea Borgnino.
Dal 16 dicembre sono online le prime tre puntate. Dal prossimo 13 gennaio, invece, saranno fruibili gli ultimi tre episodi. Per comodità riportiamo il link a cui ascoltare il podcast.
Pur trattando spesso di iniziative legate alla memoria dei nostri connazionali all’estero, questa ci ha particolarmente emozionato. Ci permettiamo di segnalare altre due vicende che in tempi recenti hanno saputo scaldarci il cuore. La prima riguarda un dono degli italiani del New Jersey al loro paese di origine (in Molise) nel secondo dopoguerra. La seconda concerne l’installazione di sculture molto suggestive nei luoghi d’approdo dei nostri emigrati. Affinché anche questo 2025 possa essere a suo modo l’anno delle radici, come quello appena trascorso.
Io c’ero, a New York, teenager della scuola media, emigrato nel ’54. Era Giuliano Gerbi che girava l’Italia per i paesetti più sconosciuti, sulle montagne, e descriveva come era faticoso trovare queste famiglie con parenti oltreoceano, gente generalmente analfabeta. Erano gli emigrati che chiedevano un saluto a voce dei parenti lasciati in paese.