7 ottobre, il dramma degli ostaggi e le sofferenze del popolo palestinese
Alcune date, inevitabilmente, sono destinate a rimanere impresse, tragicamente impresse, nella memoria collettiva. Dopo il 24 febbraio, giorno dell’invasione russa dell’Ucraina, a marchiare a fuoco l’immaginario globale è stato il 7 ottobre. Il blitz di Hamas e la successiva guerra contro l’organizzazione palestinese e la popolazione di Gaza rappresentano uno spartiacque decisivo per il Medio Oriente.
Tra le molte cose che non sono state previste vi è senz’altro la reazione dei Paesi occidentali, o meglio, delle loro opinioni pubbliche. L’equazione Occidente=Israele, infatti, riguarda per lo più governi e apparati, mentre sempre più cittadini si chiedono “quando troppo sarà troppo”. È vero che spesso le proteste sono portate avanti dalla sinistra antagonista e che non sono mancati casi di antisemitismo. Allo stesso tempo, viene da domandarsi quante decine di migliaia di vite dovranno essere consumate per ripristinare una deterrenza considerata accettabile dagli israeliani.
Ecco dunque che i lutti mediorientali si riverberano sul mondo occidentale. Negli Stati Uniti, come da tradizione, il tema è più che mai polarizzante (lo è, del resto, seppur con sfumature molto diverse, nella stessa Israele). Forse, non è un mistero, avrà persino un peso determinante sulle presidenziali di novembre.
I timori del Viminale
Anche in Italia non mancano degli strascichi. Mentre la pressoché totalità dei partiti esprime, seppur con gradazioni diverse, supporto a Israele (fanno eccezione soltanto il Movimento 5 Stelle e Alternativa Verdi Sinistra), l’imminenza del 7 ottobre preoccupa le autorità. Manca l’ufficialità ma il Ministero dell’Interno starebbe infatti valutando un divieto per i cortei a rischio a ridosso di quella data.
Tale scenario è stato discusso questa mattina anche in una riunione tenuta nella Prefettura di Roma. La capitale dovrebbe ospitare il 5 ottobre una manifestazione nazionale dei “Giovani Palestinesi”. Un evento che qualcuno potrebbe interpretare come una provocazione e una mancanza di rispetto per gli ostaggi israeliani uccisi il 7 ottobre e per i loro familiari. In una città, peraltro, dove la comunità ebraica è molto radicata e con la quale in passato non sono mancate frizioni anche violente.





