Nei giorni scorsi molti giornali hanno riportato i dati di una ricerca dell’Università di Washington, pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, che evidenzia i danni procurati alla corteccia cerebrale dei giovanissimi. Un fenomeno, questo, causato dall’isolamento forzato durante la pandemia di Covid-19. Già a gennaio scorso Focus Scienze pubblicava un interessante articolo sull’argomento.
Secondo lo studio americano, i prolungati periodi di segregazione in casa durante la pandemia hanno fatto invecchiare il cervello degli adolescenti con una rapidità sorprendente, più pronunciata nelle ragazze con una media di 4,2 anni; 1,4 anni in più rispetto all’età anagrafica nei maschi.
Lockdown e adolescenti: il drammatico studio dagli Usa
La ricerca ha messo in evidenza l’inquietante fenomeno, che è stato misurato con lo spessore della corteccia cerebrale. La corteccia cerebrale che si assottiglia naturalmente con l’età, sottoposta a stress cronico e ad avversità, subisce un’accelerazione dell’assottigliamento con un rischio maggiore di sviluppare disturbi neuropsichiatrici e comportamentali. Molti di questi, come ansia e depressione, spesso emergono durante l’adolescenza, con un rischio più elevato nelle donne. Da questo dato scientifico, la neuroscienziata Patricia Kuhl, professoressa ordinaria della Washington University, autrice dello studio sugli effetti dell’isolamento dovuto al Covid, ha rilevato l’invecchiamento precoce della corteccia cerebrale nei giovani.
Il testo completo dello studio Usa
Durante la diffusione del Covid, quasi tutti i governi, incluso quello italiano, hanno introdotto misure restrittive, come lockdown e chiusure scolastiche. Questa interruzione delle routine quotidiane e delle attività sociali ha avuto un impatto devastante sulla salute mentale degli adolescenti. Questa fascia di popolazione si trova, infatti, in un periodo di transizione, caratterizzata da cambiamenti drammatici nello sviluppo emotivo, comportamentale e sociale e dalla formazione del senso di autoidentità, autostima e autocontrollo.
Le ragazze hanno subito i danni più rilevanti
La carenza di interazioni sociali durante il Covid-19 ha portato a numerose segnalazioni di ansia, depressione e stress, soprattutto per le ragazze. Nel nuovo studio, gli scienziati hanno dimostrato che i lockdown sono stati associati a una maturazione cerebrale insolitamente accelerata. In particolare, nelle ragazze è stata riscontrata una velocizzazione media di 4,2 anni, mentre nelle controparti maschili si è assistito a un incremento medio di 1,4 anni. “Oltre agli aspetti di crisi sanitaria”, commenta Kuhl, “è importante considerare i profondi cambiamenti che la pandemia ha provocato a livello psicologico”.
I ricercatori hanno coinvolto 160 adolescenti reclutati nel 2018, con l’obiettivo originale di valutare i cambiamenti nella struttura cerebrale durante l’adolescenza tipica. La coorte sarebbe dovuta tornare nel 2020, ma la pandemia ha posticipato i test di ripetizione fino al 2021. A quel punto, l’intento originale di studiare lo sviluppo tipico degli adolescenti non era più praticabile e gli autori hanno cercato di valutare l’impatto della pandemia attraverso gli effetti delle restrizioni sul cervello della coorte di studio.
Il reportage de “Il Foglio” che smantella il paradigma scientifico della ricerca
Fin qui lo studio scientifico. Ma c’è anche chi contesta decisamente questi dati. Il Foglio del 12 settembre 2024, ad esempio, con un reportage dall’eloquente titolo “Cattivi scienziati”, firmato da Enrico Bucci, smonta l’intero paradigma scientifico. Per il giornalista, lo studio dietro ai tanti titoli dei giornali pubblicati in questi giorni è in realtà pieno di difetti, a partire dal campione statistico di riferimento.
Vediamo di fare chiarezza. “Abbiamo appena assistito a una nuova ondata di allarmismo suscitato intorno alle scelte di salute pubblica durante la recente pandemia, scrive Bucci, che si rifà a delle osservazioni di Roberta Villa.
“Questa volta – si legge testualmente – i ricercatori non sono innocenti: il tutto, infatti, nasce da un articolo scientifico pubblicato sulla prestigiosa rivista PNAS, il cui titolo è in sé stesso una versione magari un po’ più formale delle stesse frasi acchiappaclick che hanno poi invaso la stampa”.
Il j’accuse di Bucci continua così: “Gli autori dello studio affermano di aver trovato un assottigliamento accelerato dello spessore corticale nel cervello di adolescenti sottoposti a lockdown durante il periodo pandemico, particolarmente per quanto riguarda le ragazze. Siccome l’assottigliamento corticale è uno dei marcatori di invecchiamento cerebrale, se ne dedurrebbe che il lockdown avrebbe provocato un danno da invecchiamento nel cervello degli adolescenti”.
“Per cominciare – rincara la dose – è facile osservare come la correlazione (non causalità!) che gli autori riportano è insufficientemente stabilita dai dati dello studio. Per esempio, non ci sono informazioni dettagliate sugli individui campionati, a parte il fatto che sono stati raccolti in momenti diversi durante la pandemia; la pandemia però è stata trascorsa in molti modi, e solo per limitati periodi in lockdown, e molte altre cose potrebbero essere accadute ai soggetti considerati in quel periodo. Per esempio, i soggetti potrebbero essere stati infettati da SARS-CoV-2, che come è noto può provocare proprio anomalie cerebrali permanenti rilevabili mediante MRI. A parte infezione e COVID-19, ci sono molti fattori che non sono modellati o documentati nell’articolo e che potrebbero largamente spiegare questi risultati, senza che nulla specificamente leghi i dati morfologici riportati al lockdown”.
Le conseguenze sulla salute psichica e fisica del virus Covid-19 probabilmente faranno discutere ancora per molti anni, anche se alcune patologie, inspiegabilmente, negli ultimi tre anni sono aumentate vertiginosamente, in primo piano quelle cardiologiche.