Von der Leyen cerca il bis alla Commissione
Lunedì 19 febbraio, dopo una riunione del suo partito, l’Unione Cristiano-Democratica tedesca (CDU), che l’ha scelta di nuovo come principale candidata alle elezioni europee, Ursula von der Leyen ha ufficializzato la corsa al secondo mandato.
L’annuncio corona settimane di ipotesi a Bruxelles sul futuro della politica tedesca – non sono mancate congetture legate alla NATO – e dà il via alla sfida per guidare la Commissione, l’istituzione di fatto più potente dell’Unione Europea.
La nomina formale di Von der Leyen sarà confermata per acclamazione durante il congresso del Partito popolare europeo (PPE) il 6 e 7 marzo a Bucarest. In quell’occasione Manfred Weber, capogruppo dello schieramento politico della presidente, la nominerà “spitzenkandidat“, ovvero candidato di punta scelto dal gruppo.
L’Europa secondo von der Leyen
La presidente, il cui mandato scade a ottobre di quest’anno, ha tenuto una conferenza stampa congiunta con il presidente della CDU Friederich Merz in cui ha spiegato che la sua decisione di ricandidarsi è stata “consapevole e ponderata”. “Il mondo oggi è completamente diverso rispetto a quello del 2019 (anno in cui è cominciato il suo mandato, ndr). Ne abbiamo passate tante insieme negli ultimi cinque anni e penso che si possa dire che abbiamo realizzato più di quanto potessimo mai immaginare”, ha affermato von der Leyen. “In questi cinque anni è cresciuta non solo la mia passione per l’Europa ma, ovviamente, anche la mia esperienza su quanto questa Europa può ottenere per i suoi cittadini”, ha proseguito.
Illustrando la sua visione per il futuro dell’Europa, la presidente uscente ha promesso di “rendere forte il centro” e difendere il blocco “contro le forze di divisione” dall’interno e dall’esterno. Il riferimento implicito era diretto all’avanzata dei partiti di estrema destra in diversi paesi europei. “Sono fermamente convinta che questo sia possibile e che abbiamo la forza per farlo. E questo è il compito che mi sono prefissata”, ha detto.
Le proteste degli agricoltori
Di recente l’operato politico di von der Leyen e in particolare le sue politiche verdi hanno raccolto le critiche del suo stesso schieramento conservatore. Il PPE sta infatti cercando di rallentare il Green Deal per alleviare il carico burocratico eccessivo che queste hanno creato sull’industria e sull’agricoltura. Le proteste degli agricoltori scoppiate a gennaio in diversi paesi europei, compresa l’Italia, hanno ulteriormente rafforzato l’opposizione del PPE e costretto von der Leyen ad un retrofront.
“C’è ancora molto lavoro davanti a noi. Dobbiamo adattare la nostra competitività alle nuove condizioni e raggiungere gli obiettivi climatici con l’economia. Bisogna fruttare le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale e combinarle con i principi dell’economia sociale di mercato”, ha detto ai giornalisti lunedì. “Dobbiamo fare progressi nella digitalizzazione. Ciò aiuta anche a snellire la burocrazia. È particolarmente importante per le imprese di medie dimensioni” ha aggiunto.
La sfida delle prossime elezioni
Ufficializzando la ricandidatura, von der Leyen diventa immediatamente la favorita per la presidenza dal momento che con tutta probabilità il PPE otterrà la quota maggiore di seggi alle prossime elezioni del Parlamento europeo. In base alle norme, il presidente della Commissione viene nominato dai leader europei dopo aver preso in considerazione i risultati delle elezioni europee. Perciò, il partito che il maggior numero di voti gode del privilegio non scritto di controllare l’esecutivo.
Ad oggi, l’unico primo ministro dell’Unione che potrebbe opporsi con la forza alla candidatura della politica tedesca è l’ungherese Viktor Orbán. Il premier di Budapest è stato a lungo sotto la lente d’ingrandimento della Commissione per aver causato un arretramento delle norme democratiche in Ungheria. Guidato da von der Leyen, l’esecutivo europeo ha congelato miliardi di fondi di coesione e ripresa stanziati all’Ungheria per carenze dello stato di diritto e ha avviato molteplici procedure di infrazione per allineare la nazione ribelle alla legislazione dell’UE.
Le regole dell’Unione prevedono però che il presidente della Commissione venga nominato a maggioranza qualificata nel Consiglio europeo. Tale regola impedirebbe quindi a Orbán di bloccare da solo il secondo mandato della presidente qualora gli altri leader la appoggiassero. La proposta del Consiglio passa poi al Parlamento, dove per essere approvata è necessaria la maggioranza assoluta. In questa sede la sfida potrebbe complicarsi per von der Leyen. Il suo primo mandato è iniziato cinque anni fa con un margine sottilissimo. La presidente aveva ricevuto 383 voti a favore, giusto una manciata in più dei 374 voti necessari, a dimostrazione dell’indignazione dell’emiciclo per la sua nomina a sorpresa.
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