Colpita l’ambasciata svedese a Baghdad
A giocare con il fuoco, recita un noto proverbio, si finisce per bruciarsi. È quanto sta scoprendo Stoccolma in queste settimane, senza però avere la lungimiranza di cambiare postura. Non a caso anche Papa Francesco ha espresso la propria indignazione per il rogo del Corano avvenuto a Stoccolma a fine giugno, che verrà purtroppo ripetuto oggi di fronte alla rappresentanza diplomatica irachena. In vista di questo nuovo sfregio alla religione musulmana, dei manifestanti hanno assaltato e incendiato l’ambasciata svedese in Iraq. Autori dell’azione i seguaci del leader religioso Moqtada Sadr. Per fortuna il personale è stato prontamente messo in sicurezza e si sono evitati guai maggiori.
Baghdad ha prontamente condannato l’accaduto. Qualora però le autorità svedesi continuassero ad autorizzare manifestazioni così provocatorie, l’Iraq sarebbe pronto a recidere le relazioni diplomatiche. Anche l’Iran ha sospeso a inizio luglio l’invio del nuovo ambasciatore a Stoccolma, confermando la profonda insofferenza che i Paesi musulmani nutrono nei confronti del governo scandinavo.
L’equivoco della libertà d’opinione
Specularmente l’esecutivo svedese ha convocato l’ambasciatore iracheno per quanto successo in nottata. Certo è difficile giustificare quanto sta permettendo la Svezia in questi mesi. Un conto è infatti consentire critiche contro gli aspetti liberticidi e oscurantisti di alcune interpretazioni dell’Islam. Un altro è quello di oltraggiare pubblicamente la fede altrui. Un comportamento che disonora chi lo compie, alimentando odi e scontri settari.
Ripetiamo in tal senso le parole del pontefice: “Qualsiasi libro considerato sacro dalla sua gente va rispettato per rispetto di chi ci crede. La libertà di espressione non dovrebbe mai essere usata come scusa per offendere gli altri”. Una lezione che l’Occidente spesso dimentica, confondendo la libertà di opinione con l’insulto.
Un’assenza di sensibilità che ha accomunato per una volta esponenti della destra radicale svedese e musulmani che hanno abbandonato la fede di provenienza. Nel primo caso alcuni manifestanti avevano dato alle fiamme il Corano di fronte all’ambasciata turca, nel corso di un sit-in tenutosi a gennaio. Nel secondo, invece, autore del gesto era stato proprio un iracheno, Salwan Momika, che aveva riempito il libro sacro dei musulmani con del bacon, lo aveva calpestato e poi dato alle fiamme di fronte alla moschea di Stoccolma. Per evitare scene simili occorre buon senso e rispetto da parte di tutti gli attori. La speranza è che il rogo dell’ambasciata svedese non sia solo una tappa di un’escalation più vasta. Detto ciò, è pur vero che un’altra massima ci viene in aiuto: ognuno è artefice del proprio destino. Speriamo che a Stoccolma recepiscano il messaggio.






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