Chico Forti invia un messaggio di Natale che è speranza. Lo fa con una lettera al Corriere della Sera che inzia cosi : ”Questo mio ennesimo messaggio di Natale non è triste… altri lo hanno scritto prima di me, altri ancora lo ripeteranno… L’uomo saggio sa accettare la realtà di condizioni che fuoriescono dall’egida del nostro controllo: usando un’analogia, soffro di una infermità che è terminale solo quando viene trascurata. Ed io, nonostante questa attesa snervante, non mi sento trascurato, so apprezzare l’attenzione che mi avete dedicato quando era facile ignorarmi ».
Una missiva inviata dal carcere della Florida dove sta scontando una pena all’ergastolo per un’ accusa di omicidio, mai riconosciuta. L’ex campione di vela si rivolge ai suoi amici ai suoi cari e a tutti quelli che l’hanno sostenuto in questi 21 anni di prigione. Un calvario giudiziario che dal 2000 lo tiene detenuto in un carcere statunitense per un’accusa di omicidio per la quale si è sempre dichiarato estraneo. Chico è stato condannato all’ergastolo da un tribunale della Florida con sentenza divenuta definitiva nel 2010, a seguito del rigetto di tutti i ricorsi in appello.
Il trasferimento in Italia
In questo ventennio mentre Forti urlava la sua innocenza sono state centinaia le iniziative a favore della sua scarcerazione e la riapertura del processo. Solo un anno fa il ministro degli Esteri Luigi di Maio, secondo i benefici della Convenzione di Strasburgo, annunciava con enfasi l’accordo raggiunto con il Dipartimento della giustizia americano per il trasferimento di Forti in Italia, dove avrebbe scontato il resto della pena. Uno spiraglio di speranza durato poco ,perché da allora nulla è accaduto ed è calato il silenzio sul dramma di quest’uomo che inutilmente invoca giustizia vera.
Dopo 12 mesi, Chico riaccende i riflettori sulla sua drammatica vicenda e scrive della sua “attesa snervante”. Ad attenderlo nella sua citta, Trento, ci sono i parenti, gli amici, ma l’attesa piu fervida è quella della mamma Maria,novantaduenne ,che spera di riabbracciare il figlio il piu presto possibile. Non lo incontra da 13 anni.
Il messaggio di Chico Forti
Nel suo messaggio natalizio pregno di speranza Forti ringrazia e ci tiene a sottolineare quanto è stato fatto in tutti questi lunghi anni: «Mi rendo conto di quanto siamo riusciti a realizzare insieme, uniti nonostante l’Oceano che ci separa ma il mio motto sotto il pino “è il pensiero che conta!”. Rispecchia a pieno il significato di queste festività, mi avete permesso di regalarvi qualcosa di mio: le mie riflessioni perché il piacere vero dei regali di Natale è farli! Il vostro instancabile perorare la mia causa, le vostre incessabili iniziative di solidarietà, il vostro replicare imitando la veglia medievale: dando l’ora, gridando per me: “non tutto va bene…”, la vostra persistente e palpabile vicinanza hanno coperto mura e recinzioni. Come la tela recentemente sovrapposta all’Arco di trionfo. Con me avete dimostrato d’essere la nazione della resilienza perché in un mondo migliore alla fin fine il Karma prevarrà sempre. La lotta tra il male e il bene per sillogismo può avere un solo risultato. Il male è simbolo di distruzione, il bene è simbolo di vita».
Il caso giudiziario
La vicenda di Forti è intrecciata a quella dell’omicidio di Gianni Versace, avvenuto davanti alla sua lussuosa villa su Ocean Drive di Miami Beach il 15 luglio del 1997. Chico Forti, velista e produttore televisivo, allora imprenditore a Miami, non credeva al suicidio del killer di Versace, Andrew Cunanan e aveva commissionato le indagini sul caso Versace ad un investigatore privato in pensione, Gary Schiaffo. Aveva persino comprato la house boat sui cui fu trovato morto Cunanan e realizzato un documentario – Il sorriso della Medusa, realizzato nel 1997 da Forti in collaborazione con RaiTre – su Cunanan, l’assassino di Gianni Versace. Secondo Chico Forti, quella produzione, in cui criticava l’operato della polizia di Miami nella investigazione dl caso, è alla base del presunto accanimento contro di lui.
L’appello della Chiesa trentina
Per Chico Forti si è fatta sentire anche la voce della Chiesa . L’arcivescovo di Trento, Lauro Tisi scrive «Una vicenda per la quale si sperava in una svolta repentina, avendo raggiunto una sostanziale intesa istituzionale in tal senso. Auspico venga fatto tutto il possibile per sciogliere definitivamente e con tempi certi i nodi che impediscono a quest’uomo di poter tornare nella terra in cui è nato ed abbracciare i propri cari, in particolare l’anziana madre Maria, ultranovantenne, che non vede il figlio da tredici anni e alla quale va il mio pensiero affettuoso». «Lo reclama – conclude Monsignore Tisi – il buon senso, prima ancora dell’applicazione della legge. E lo chiede quel sentimento minimo di umanità, da cui anche il doveroso percorso della giustizia non può mai allontanarsi».
Un intervento molto apprezzato dallo zio di Chico, Gianni Forti che commenta «Se anche il vescovo Tisi ci dà una mano, è la cosa più bella che possiamo avere!» Lo “zio Gianni”, da sempre in prima linea nella battaglia per il trasferimento del nipote in un carcere italiano, nel giugno scorso ha incontrato anche la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, ottenendo un impegno diretto (il ministero della Giustizia deve istituire una commissione per stabilire la prosecuzione della pena in Italia) anche per sbloccare la burocrazia americana.
 
			 
		     
					





 
                