Trump punta su Palau per espellere migranti dal territorio USA
L’amministrazione Trump ha avanzato una richiesta ufficiale al piccolo Stato insulare di Palau affinché accolga alcuni richiedenti asilo attualmente presenti sul territorio statunitense. La proposta si inserisce all’interno di una strategia più ampia del tycoon. L’inquilino della Casa Bianca mira infatti a “deportare” i migranti clandestini verso Paesi terzi, anche se non sono quelli di origine.
Palau è un arcipelago situato a est delle Filippine, ha una popolazione di circa 18.000 abitanti e soltanto nel 1994 ha ottenuto l’indipendenza da Washington. Con gli USA starebbe valutando un accordo preliminare sul reinsediamento di cittadini stranieri provenienti dagli Stati Uniti. Questi “potrebbero cercare protezione per evitare il rimpatrio forzato nel proprio Paese”, si legge nel documento reso noto dal The Guardian. Non viene però specificato quanti migranti verrebbero trasferiti, né quali compensazioni verrebbero offerte a Palau.
Nell’accordo si legge: “Entrambe le Parti prenderanno in considerazione le richieste di asilo, protezione come rifugiati o misure equivalenti avanzate da cittadini di Paesi terzi. Gli Stati Uniti si impegnano a non trasferire minori non accompagnati in base a questo accordo”.
Trattive ancora alle fasi iniziali
Il presidente di Palau, Surangel Whipps Jr, ha inviato una lettera (anch’essa esaminata dalla testata britannica) in cui precisa che si tratta solo di una proposta in fase iniziale. Seguiranno dunque ulteriori negoziati. Il documento ribadisce che il governo palauano manterrà la piena facoltà di decidere caso per caso se accettare o meno le persone da reinsediare.
Questa richiesta rappresenta una delle più recenti iniziative della presidenza Trump per ridurre la presenza di migranti sul suolo americano. Una sentenza della Corte Suprema, emessa a giugno, ha aperto la strada alla possibilità per gli Stati Uniti di trasferire migranti verso Paesi che non sono i loro di origine. In seguito, alcuni sono già stati inviati in Stati come il Sud Sudan ed Eswatini.
Doris Meissner, ex direttrice del Servizio immigrazione statunitense e attuale responsabile del programma migratorio del Migration Policy Institute, ha osservato che l’intesa con Palau ricalca altri tentativi dell’amministrazione Trump di convincere numerosi Paesi, soprattutto piccoli e poco noti agli americani, ad accogliere migranti. L’obiettivo, secondo Meissner, sarebbe anche quello di scoraggiare i migranti presenti negli Stati Uniti.
A differenza degli USA, Palau non ha sottoscritto la Convenzione delle Nazioni Unite sui Rifugiati. Questa impone agli Stati aderenti l’obbligo di proteggere chi fugge da persecuzioni. L’accordo in discussione precisa tuttavia che Palau agirebbe secondo i propri principi costituzionali e umanitari.
La settimana scorsa, il Presidente di Palau ha convocato una riunione con il Congresso nazionale e il Consiglio dei Capi per discutere la proposta. In seguito all’incontro, un comunicato dell’Ufficio del Presidente ha ribadito l’alleanza storica con Washington ma ha anche sottolineato la necessità di ulteriori chiarimenti prima di prendere una decisione definitiva.
La dipendenza economica di Palau dagli Stati Uniti
Un portavoce del Dipartimento di Stato americano ha definito l’attuazione della politica migratoria dell’amministrazione Trump una “priorità assoluta”, affermando che in alcuni casi è previsto il coinvolgimento di Paesi terzi per facilitare le espulsioni. “La cooperazione internazionale è essenziale per contrastare l’immigrazione irregolare e proteggere i nostri confini”, ha dichiarato.
Palau intrattiene stretti rapporti con gli Stati Uniti grazie al Compact of Free Association (COFA), un accordo che garantisce al Paese sostegno economico e assistenza in vari settori. Solo nel 2023, i fondi COFA hanno rappresentato circa il 30% del bilancio nazionale palauano. Questa dipendenza economica potrebbe mettere il Paese in una posizione difficile, secondo l’analista del Pacifico Camilla Pohle, che ha recentemente perso il proprio incarico all’Istituto statunitense per la pace a causa dei tagli operati dall’amministrazione Trump.
Non sarebbe la prima volta, del resto, che Palau accetta richieste simili. Già nel 2009, ad esempio, il Paese accolse 17 cittadini cinesi di etnia uigura precedentemente detenuti a Guantánamo Bay.





