Trump e quella tregua che fa esultare il mondo
Chi avrebbe mai pensato questa mattina di alzarsi e leggere che era stata finalmente raggiunta una tregua tra Iran e Israele? Probabilmente nessuno. L’attacco USA alle basi iraniane aveva comprensibilmente fatto pensare a una giravolta a 180° da parte di Donald Trump proprio su una delle sue promesse chiave: mettere fine ai sanguinosi e inutili conflitti nelle più disparate aree del globo. Su queste colonne, del resto, non avevamo esitato a parlare di un tradimento del mandato ricevuto dagli elettori.
Ci siamo interrogati, inoltre, se il blitz americano non fosse che l’ultimo tassello di un piano più vasto, volto a ridisegnare radicalmente gli equilibri mediorientali. Un piano dove, semplificando, a Trump spettava il ruolo del poliziotto buono e a Netanyahu di quello cattivo.
La notizia del raggiungimento di un accordo tra i contendenti, seguito peraltro all’attacco iraniano alle basi USA in Qatar, ha scompigliato le carte. Diverse (ma non in contraddizione) le interpretazioni possibili. L’intervento diretto americano e la minaccia di un cambio di regime in Iran facevano probabilmente parte di una strategia finalizzata a trattare con Teheran da una posizione di forza.
L’Iran non ha ceduto
Al contrario, però, la Repubblica Islamica, esce rafforzata dai 12 giorni di conflitto diretto con Israele. In termini d’immagine ha infatti recuperato quanto perso fino ad oggi con la destrutturazione dell’asse della resistenza (su tutti gli omicidi mirati dei leader di Hamas e Hezbollah e, ancor più pesante, la rimozione di Assad in Siria).
Teheran non è stata infatti costretta a rinunciare al programma nucleare, non ha subìto cambi di regime, non ha assistito all’uccisione dell’Ayatollah Khamenei e, soprattutto, ha bucato più e più volte le difese israeliane.
Il sospetto, quindi, è che a USA e Israele servisse una via d’uscita scenografica. Lo Stato ebraico, nonostante alcune operazioni clamorose da un punto di vista d’intelligence e militare, da solo semplicemente non è stato in grado di sconfiggere l’Iran. Netanyahu ha provato sin dall’inizio a trascinare gli Stati Uniti nella mischia. Questi certamente sarebbero stati in grado di vincere ma a quale prezzo? Non è un caso che J.D. Vance, nelle ore precedenti l’attacco USA, avesse criticato aspramente la controparte israeliana proprio per questo motivo.
Ora il premier israeliano dichiara di aver raggiunto tutti gli obiettivi, quando fino a poche ora fa parlava della liberazione dell’Iran dall’oppressione teocratica. Qualora la tregua tenesse (Israele ha denunciato l’arrivo di nuovi missili, smentito però dall’Iran), invece, i papaveri della Repubblica Islamica resterebbero al proprio posto.
Ad ogni modo, al di là degli interrogativi geopolitici su quanto accaduto, un dato emerge nitidamente. Trump è stato in grado di sbrogliare una matassa particolarmente intricata. “Fidatevi del comandante in capo”, il ritornello ripetuto dall’entourage del Presidente alla propria base, critica verso quanto accaduto. Probabilmente aveva ragione.






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