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Shutdown: Washington verso l’accordo, dieci dem pronti a votare con il GOP

Il fronte progressista al Senato si spacca e apre la strada al compromesso per porre fine allo shutdown di quaranta giorni. Il testo non include nuove misure sanitarie né il rinnovo dei sussidi dell’Affordable Care Act (Obamacare).

Giampa Natal by Giampa Natal
Novembre 9, 2025
in Politica, Ultimissime
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shutdown
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Il capogruppo della minoranza al Senato, Dick Durbin, insieme ad altri nove senatori democratici potrebbe votare con il GOP i tre disegni di legge al centro del compromesso tra i due partiti, per porre fine allo shutdown del governo che blocca il Paese.

  • Accordo raggiunto nel pomeriggio
  • La soglia dei 60 voti al Senato
  • I senatori dem dissidenti
  • Il voto potrebbe slittare, ma la tregua sembra vicina
  • Il ritorno alla normalità dopo sei settimane di shutdown

Accordo raggiunto nel pomeriggio

Come riporta CBS News, la sessione domenicale straordinaria al Senato sembra essere il primo asso concreto per arrivare ad un accordo bipartisan sul testo di base al Senato del disegno di Legge “Continuing Appropriations and Extensions and Other Matters Act, 2026”, che estende i finanziamenti per gran parte del governo federale fino al 30 gennaio 2026. La misura copre quattro comparti essenziali: Difesa, Agricoltura, Affari dei Veterani e Congresso.

Nel testo, proposto dai repubblicani, è inclusa una clausola preventiva per evitare futuri stalli governativi introducendo un prolungamento automatico (“continuing resolution”) dei finanziamenti nel caso in cui non si approvino in tempo i bilanci definitivi.

Sono previsti anche fondi aggiuntivi per la sicurezza alle frontiere e per gli aiuti alle aree colpite da disastri naturali (Florida, Texas, California).

Il testo non include nuove misure sanitarie né il rinnovo dei sussidi dell’Affordable Care Act (Obamacare), richiesta chiave dei democratici, ma pare ci sia un accordo per aprire le trattative sui sussidi sanitari prima della fine di gennaio 2026.

Su questa base il GOP ha convinto circa dieci senatori democratici moderati ad appoggiare la proposta per superare l’ostruzionismo e riaprire il governo. Ma le cose potrebbero iniziare a muoversi una volta che il testo sarà pubblicato lunedì mattina.

La soglia dei 60 voti al Senato

Per comprendere la delicatezza dell’accordo e la portata politica del voto che potrebbe porre fine al blocco federale, è necessario ricordare la composizione del Senato. Attualmente siedono sugli scranni della Camera Alta 53 repubblicani, 45 democratici e 2 indipendenti che di norma votano con l’opposizione.

In pratica, la maggioranza effettiva appartiene ai repubblicani, che possono contare su 53 voti diretti. Tuttavia, per superare l’ostruzionismo parlamentare e approvare un disegno di legge controverso come quello sul finanziamento del governo federale, occorrono almeno 60 voti favorevoli.

I senatori dem dissidenti

Secondo le ultimissime notizie, quindi, ci sarebbero dieci senatori dissidenti, pronti a sbloccare con il loro voto la legge finanziaria e, con essa, il Paese. I loro nomi sono: Dick Durbin (D-Ill); Jeanne Shaheen (D-N.H.); Jack Reed (D-R.I.); Jon Ossoff (D-Ga.); John Fetterman (D-Pa.); Catherine Cortez Masto (D-Nev.); Maggie Hassan (D-N.H.); Gary Peters (D-Mich.); Angus King (I-Maine, caucus democratic) e Patty Murray (D-Wash).

Il voto potrebbe slittare, ma la tregua sembra vicina

Secondo le procedure ordinarie del Senato, una volta superato l’ostruzionismo viene concessa un’ampia finestra di tempo per il dibattito parlamentare. Molti senatori democratici, tuttavia, delusi per non aver ottenuto alcuna concessione sul tema dell’assistenza sanitaria e sotto la pressione della propria base elettorale, potrebbero decidere di rallentare l’iter legislativo il più possibile.

Di conseguenza, il voto finale sul disegno di legge potrebbe slittare a martedì o anche oltre, ritardando la piena approvazione del provvedimento.

La Camera dei Rappresentanti potrebbe in seguito allinearsi al voto del Senato a metà settimana e procedere alla riapertura ufficiale del governo federale, anche se non si esclude una riunione anticipata per accelerare i tempi.

In sintesi, l’accordo per porre fine all’ostruzionismo dei progressisti appare ormai concreto, ma resta da capire come si evolverà la situazione politica nei prossimi giorni, in un clima ancora carico di tensioni tra le due maggiori forze del Congresso.

Il ritorno alla normalità dopo sei settimane di shutdown

Dopo quaranta giorni di paralisi amministrativa e tensione politica, si comincia finalmente a intravedere la luce in fondo al tunnel per milioni di americani colpiti dal blocco del governo federale. Lo shutdown ha avuto effetti diffusi e tangibili in ogni angolo del Paese, rallentando la macchina statale e incidendo sulla vita quotidiana dei cittadini.

Migliaia di dipendenti pubblici sono rimasti senza stipendio o in congedo forzato, mentre servizi fondamentali come il rilascio dei passaporti, l’assistenza ai veterani e la gestione dei programmi agricoli hanno subito gravi interruzioni. Nei principali aeroporti, la carenza di personale TSA e di controllori di volo ha provocato lunghe code, ritardi e migliaia di cancellazioni.

Anche i parchi nazionali, i musei federali e molte agenzie locali hanno sospeso le attività, con conseguenze dirette sul turismo e sull’indotto economico. Gli agricoltori lamentano il blocco dei sussidi e dei crediti garantiti dal Dipartimento dell’Agricoltura, mentre i veterani di guerra segnalano ritardi nell’erogazione delle cure e dei rimborsi.

Oggi, 9 novembre, il Paese tira dunque un sospiro di sollievo con l’accordo raggiunto al Senato e la prospettiva di una riapertura parziale già entro la prossima settimana. La speranza comune è in una ripresa graduale della normalità.

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