I dazi di Trump al vaglio della Corte Suprema
Il programma tariffario del presidente statunitense Donald Trump affronta questa settimana un banco di prova cruciale davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti, in un’udienza che potrebbe ridefinire i limiti del potere presidenziale in materia di commercio internazionale.
Mercoledì i giudici supremi ascolteranno le argomentazioni di un gruppo di aziende e di governi statali che contestano la legalità dell’uso da parte dell’amministrazione Trump dell’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA) del 1977 (una legge nata per gestire emergenze economiche legate alla sicurezza nazionale) come base per imporre tariffe a quasi tutti i partner commerciali degli Stati Uniti.
Nel febbraio 2025 Trump ha invocato la IEEPA dichiarando che l’aumento delle importazioni e la diffusione del fentanyl costituivano una minaccia alla sicurezza americana. Da quella dichiarazione è scaturita una nuova ondata di tariffe che ha colpito Canada, Messico, Cina e Unione europea, con dazi fino al 25% su una vasta gamma di prodotti, dalle materie prime ai beni manifatturieri.
Gli avvocati delle organizzazioni imprenditoriali sostengono che la legge non fu concepita per conferire al presidente un potere così ampio, ricordando che la Costituzione assegna al Congresso la competenza esclusiva su tasse e dazi.
“La parola tariffa non compare neppure nella IEEPA”, hanno dichiarato i legali che guideranno la contestazione davanti alla Corte Suprema. La vicenda è giunta all’attenzione dei giudici dopo che, a maggio, lo U.S. Court of International Trade aveva giudicato illegittime le tariffe imposte tramite la IEEPA, sentenza poi sospesa in attesa dell’appello.
Il Canada osserva: tariffe ed economia al centro delle relazioni
Anche se il caso riguarda la legalità interna del potere presidenziale americano, le ripercussioni oltreconfine sono immediate. Il Canada è stato uno dei Paesi più colpiti dalla strategia tariffaria di Trump: acciaio, alluminio, componentistica automobilistica e legname rientrano tra i settori più penalizzati.
Il primo ministro Mark Carney ha avvertito che, qualunque sia l’esito della causa, “un certo livello di tariffe rimarrà in vigore”, ricordando che l’amministrazione statunitense continua a utilizzare anche la Sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962, il quale consente di imporre dazi per motivi di “sicurezza nazionale” senza passare dal Congresso. Ottawa ha già reagito con misure di ritorsione per un valore stimato di 30 miliardi di dollari e la tensione commerciale resta alta.
“Il rischio è che il principio di prevedibilità, fondamentale per il commercio nordamericano, venga definitivamente eroso”, ha dichiarato un alto funzionario del Ministero del Commercio internazionale canadese.
L’udienza di questa settimana (che unisce due procedimenti: uno contro i cosiddetti “dazi reciproci” e uno legato ai dazi sul fentanyl) sarà seguita con attenzione dalle capitali di mezzo mondo. Se la Corte Suprema dovesse dare ragione a Trump, il presidente otterrebbe un precedente storico che rafforzerebbe i suoi poteri unilaterali in materia commerciale, consentendogli di utilizzare la IEEPA come una vera e propria “clava economica” nei confronti di alleati e rivali.
Se invece la Corte dovesse limitare l’uso della legge, si aprirebbe uno spiraglio per i partner commerciali (tra cui il Canada) per chiedere la rimozione o la riduzione dei dazi. Le tariffe imposte ai sensi della Sezione 232 resterebbero tuttavia intatte, mantenendo alta la pressione sulle esportazioni canadesi.




