La Groenlandia sotto i riflettori mondiali
Mai come oggi le elezioni in Groenlandia hanno catalizzato l’attenzione dei media internazionali. Seppur importante strategicamente, infatti, la centralità assunta dall’isola artica nel dibattito odierno è frutto delle dichiarate volontà annessioniste di Donald Trump. Mire che hanno messo in forte imbarazzo la Danimarca, che ne detiene la sovranità. Gli abitanti della Groenlandia sono tutto meno che entusiasti di stare sotto l’egida di Copenaghen, anche se non desiderano diventare parte degli USA.
Nelle scorse settimane Erik Jensen, leader del partito d’ispirazione socialdemocratica Siumut, aveva ventilato l’ipotesi di un referendum per chiedere l’indipendenza dell’isola. Il partito e la coalizione di centrosinistra al governo, tuttavia, hanno subìto una pesante sconfitta elettorale. A beneficiarne è stato il centrodestra. Demokraatit (Democratici) ha conseguito infatti oltre il 30% dei voti. Tale formazione è favorevole all’indipendenza della Groenlandia, seppur in modo graduale. Spicca poi il dato dei nazionalisti di Naleraq, che hanno ottenuto uno sbalorditivo 23%.
Pesante sconfitta per la sinistra. Gli ambientalisti di Inuit Ataqatigiit (che ha espresso il premier uscente, Mute Egede) sono scesi al 21%, registrando dunque un calo di ben 15 punti rispetto alle elezioni del 2021). I socialdemocratici della già citata Siumut hanno quasi dimezzato i consensi, perdendo 14 punti e ottenendo il 15%.
“Certamente per noi è una sorpresa – ha dichiarato all’emittente pubblica KNR Jens-Frederik Nielsen, leader del partito Demokraatit – siamo felici e sento che le nostre parole hanno convinto la gente, ma non ci aspettavamo che le elezioni cambiassero così tanto. Il Paese ha bisogno che ci uniamo in un momento di ingerenze straniere. Dobbiamo essere uniti, quindi negozieremo con tutti”. Il riferimento ovviamente è al secondo partito, protagonista di un vero e proprio boom.
“Naleraq sta facendo grandi progressi – ha continuato Nielsen – Quindi, ovviamente, non possono essere ignorati […] Naturalmente abbiamo bisogno di un Paese unito”.




