Eravamo quasi certi – ma forse volevamo solo crederlo – che chi avesse contratto il virus e poi ne fosse uscito con una piena guarigione avrebbe sviluppato anticorpi adeguati da renderlo immune al Covid 19.
Purtroppo la cronaca smentisce questa convinzione contribuendo a crescere ancor di più la preoccupazione della popolazione.
E’ successo in Nevada dove un ragazzo di 25 anni risultato guarito nel mese di aprile avrebbe nuovamente contratto il virus un paio di mesi dopo la guarigione.
Si tratta del primo caso di reinfezione documentato finora negli Stati Uniti ed il secondo al mondo.
Le analisi indicano che si tratta di due distinte infezioni virali. Nella seconda infezione la malattia era anche più severa della prima. Secondo quanto riporta la Cnn, test genetici condotti dalla Scuola di medicina di Reno dell’Università del Nevada e dal Laboratorio sanitario pubblico dello Stato del Nevada, indicano infatti questa particolarità. La seconda infezione sarebbe stata più grave della prima tale da rendere necessario il supporto di ossigeno a seguito dello sviluppo di polmonite, non giustificati dal precedente stato di salute.
Il ragazzo era risultato positivo per la prima volta lo scorso aprile dopo avere accusato mal di gola, tosse, mal di testa, nausea e diarrea. Poi era e risultato negativo a due tamponi. Il giovane non aveva più avuto sintomi per circa un mese, ma successivamente aveva cominciato a sentirsi di nuovo poco bene – con gli stessi sintomi del mese precedente – e cinque giorni più tardi era stato ricoverato in ospedale con insufficienza respiratoria ed era di nuovo risultato positivo.
Purtroppo non si può parlare di casi unici. Altri sembrano si siano verificati in Belgio ed in Olanda anche se non si hanno ancora conferme certe.
Recentemente un uomo di Hong Kong, guarito ad aprile dal Covid-19, sarebbe stato infettato di nuovo quattro mesi e mezzo dopo, di ritorno dalla Spagna. L’uomo di 33 anni – si legge sull’anticipazione dell’articolo presso la rivista scientifica internazionale Clinical Infectious Diseases – era stato dimesso dall’ospedale ad aprile, ma è risultato nuovamente positivo di ritorno dalla Spagna a Ferragosto.
Anche in questo caso i due virus non sembrano gli stessi, segno evidente di reinfezione e non di “ricaduta” nel cui caso i virus sarebbero risultati assolutamente identici.
«I nostri risultati dimostrano che la sua seconda infezione è stata causata da un nuovo virus che ha acquisito di recente, piuttosto che da una prolungata diffusione virale», ha affermato il dottor Kelvin Kai-Wang To, un microbiologo clinico presso l’Università di Hong Kong. L’uomo di 33 anni ha avuto solo sintomi lievi la prima volta e questa volta nessun sintomo. La reinfezione è stata scoperta quando è tornato da un viaggio in Spagna, hanno detto i ricercatori, e il virus che hanno sequenziato corrispondeva strettamente al ceppo circolante in Europa a luglio e agosto.
Sembra dunque evidente che l’esposizione iniziale al virus non si è tradotta in un’immunità protettiva del 100%.
Questo pone dubbio anche sull’efficacia del vaccino, spiega Mark Pandori, direttore del laboratorio del Nevada per la salute pubblica. “Dopo la guarigione non sappiamo quanta immunità si costruisce, quanto dura e che ruolo generano gli anticorpi. Se è possibile contagiarsi di nuovo in un arco di tempo così breve, potrebbero esserci ripercussioni sui vaccini.
Una delle poche convinzioni dunque cade anche se i virologi avvisano che stiamo parlando di casi rari.
Con milioni e milioni di casi al mondo la vera domanda è: cosa può succedere alla maggior parte delle persone? Ma ancora non lo sappiamo.