Caos nei maggiori aeroporti degli Stati Uniti: è stato un fine settimana di disagi senza precedenti per migliaia di passeggeri. Code interminabili ai controlli di sicurezza, cancellazioni improvvise e personale ridotto all’osso. Il blocco del governo federale, entrato ormai nella sua sesta settimana consecutiva, sta paralizzando il Paese, mentre repubblicani e democratici si accusano a vicenda.
Lo scontro sulla sanità tra GOP e dem
Il Paese è paralizzato dallo scontro politico in atto sui sussidi sanitari, introdotti dal Congresso nel 2021 (durante l’emergenza pandemica) e in scadenza il primo gennaio 2026.
I dem chiedono l’estensione dei benefit fino al 2027 e/o a tempo indeterminato, sostenendo che milioni di famiglie pagherebbero la copertura sanitaria più cara, mentre i repubblicani considerano che l’attuale spesa sia insostenibile e chiedono di rinviare il dibattito, valutando anche la razionalizzazione della gestione dell’Affordable Care Act, alla fase successiva dell’approvazione della legge di bilancio federale. Ma le posizioni della Casa Bianca e dei democratici sembrano inconciliabili.
La posizione della Casa Bianca
La Casa Bianca punta il dito contro i democratici, accusandoli di aver rifiutato la proposta di approvare un “Continuing resolution’ (CR), ossia una legge di finanziamento provvisorio per riaprire le attività federali senza condizioni aggiuntive. Questo consentirebbe alle Agenzie federali di ritornare ad essere operative e ai dipendenti pubblici di essere pagati.
“Gli americani stanno pagando il prezzo dei giochi politici malati dei democratici, mentre il traffico aereo si ferma nel caos provocato dalla loro irresponsabilità”, si legge in una nota diffusa oggi dalla Casa Bianca.
Donald Trump accusa gli avversari di “tenere in ostaggio il Paese” per ottenere vantaggi politici. In un’intervista rilasciata alla CBS, il presidente ha ribadito la linea dura: “Non mi farò ricattare dai democratici”, ha spiegato. “Riapriamo subito il governo, poi discutiamo di tutto il resto”.
Il punto di vista dem
I democratici, invece, guidati da Hakeem Jeffries e Chuck Schumer, rifiutano la proposta dei repubblicani. “Non possiamo votare una legge che ignori la salute e la sicurezza dei cittadini”, ha detto Hakeem Jeffries, leader dei democratici alla Camera. “Nessun compromesso che abbandoni milioni di famiglie sarà accettabile. Non lasceremo milioni di cittadini senza assistenza sanitaria”.
Il blocco più lungo della storia americana
Lo shutdown, iniziato il 1° ottobre 2025, è destinato a entrare nei libri di storia: con 36 giorni consecutivi di paralisi amministrativa, si tratta del più lungo mai registrato negli Stati Uniti, superando quello del 2019.
Repubblicani e democratici restano dunque fermi sulle rispettive posizioni mentre, nel frattempo, circa 13.000 controllori di volo e oltre 50.000 agenti della Transportation Security Administration (TSA) continuano a lavorare senza stipendio, una situazione che ha già provocato un’ondata di assenze e malattie.
In California un aeroporto regionale è rimasto senza torre di controllo per sei ore consecutive lo scorso 6 ottobre, mentre la Federal Aviation Administration (FAA) ha segnalato che oltre il 50% dei ritardi dei voli delle ultime settimane è dovuto alla carenza di personale: una cifra dieci volte superiore alla media storica.
Caos negli aeroporti: Houston, New York e Miami i più colpiti
Un weekend da dimenticare per i viaggiatori in volo negli Stati Uniti. Le difficoltà maggiori si sono verificate a Houston, dove all’aeroporto George Bush Intercontinental i passeggeri hanno affrontato oltre tre ore di coda ai controlli TSA, con punte fino a cinque ore in alcuni terminal. Al vicino William P. Hobby Airport, le attese hanno superato stabilmente l’ora.
Situazioni simili si sono ripetute a Dallas-Fort Worth, Chicago O’Hare, San Francisco, San Diego, Los Angeles, Atlanta, Miami, Orlando, Jacksonville, Seattle, Boston, Cleveland, Indianapolis, Nashville, Phoenix e Washington D.C., dove la riduzione del personale ha provocato mancate connessioni e decine di cancellazioni.
Secondo la Reuters, più del 50% dei ritardi registrati a livello nazionale nel mese di ottobre è attribuibile a problemi di staffing nelle torri di controllo e nei checkpoint di sicurezza.
Un impatto che va oltre gli aeroporti
Nella nota diffusa oggi dalla Casa Bianca si legge: “Ogni settimana di shutdown costa al Paese oltre un miliardo di dollari in spesa turistica persa. Ma il caos non si limita al trasporto aereo. Anche i programmi sociali sono a rischio: tra questi il Supplemental Nutrition Assistance Program (SNAP), che garantisce buoni alimentari a milioni di famiglie a basso reddito”.
Secondo fonti federali, i fondi del programma sono in via di esaurimento, con il rischio concreto che milioni di cittadini restino senza aiuti nel giro di pochi giorni.
Il leader della minoranza democratica alla Camera, Hakeem Jeffries (D-N.Y.), ha accusato i repubblicani di “mettere in pericolo la dignità degli americani più fragili”: “Nessun americano dovrebbe soffrire la fame, nessuno. E la colpa di ciò che sta accadendo oggi è dei repubblicani”.
Un Paese sospeso nel caos
Intanto, mentre il braccio di ferro politico prosegue, gli effetti dello shutdown si propagano a catena. Le assunzioni e la formazione di nuovi controllori di volo sono ferme. La Federal Aviation Administration avverte che i disservizi potrebbero peggiorare con l’avvicinarsi delle festività natalizie, quando il traffico aereo raggiungerà i picchi annuali.
Sui social media, le immagini di passeggeri esausti in fila per ore, di voli cancellati e di terminal semi-deserti hanno fatto il giro del mondo, trasformando gli aeroporti americani nel simbolo visibile di una nazione paralizzata da uno scontro politico che sembra non avere fine.




