L’Argentina è a un bivio. Dal voto per rinnovare metà della Camera dei deputati e un terzo del Senato dipenderanno il futuro politico del presidente Javier Milei e la tenuta della sua alleanza con Donald Trump. La settimana scorsa il presidente statunitense ha legato apertamente il pacchetto di aiuti da 20 miliardi di dollari al risultato elettorale del suo alleato. “Se non vince, siamo fuori”, ha dichiarato Trump, suscitando la reazione dell’opposizione peronista, che lo ha accusato di ingerenza.
Un test molto probante per Milei
Per Milei si tratta di un banco di prova notevole. La sua coalizione, La Libertad Avanza, punta a conquistare almeno un “terzo di blocco” in Parlamento per evitare che le sue controverse riforme vengano neutralizzate dalla maggioranza peronista. Ma i sondaggi della vigilia non gli danno molte speranze. Il clima sociale è teso. I tagli alla spesa pubblica, le tariffe in aumento e i licenziamenti hanno impoverito la classe media, minando il consenso attorno al presidente. Corruzione, disoccupazione e stagnazione dei consumi sono “ferite aperte” nell’opinione pubblica.
La sconfitta subita dal presidente ultra-liberista il 7 settembre nella provincia di Buenos Aires (dove i peronisti di Fuerza Patria hanno battuto il suo partito 47% a 34%) ha fatto perdere peso e credibilità alla leadership di Milei. Gli scandali legati al crollo della criptovaluta proposta dal presidente, le accuse di corruzione contro la sorella Karina e il caso di José Luis Espert, ex capolista Lla coinvolto in un’inchiesta per riciclaggio, hanno fatto emergere il carattere prevalentemente propagandistico della sua promessa di “moralizzare la casta”.
Gli aiuti statunitensi sono legati alle urne
Gli Stati Uniti hanno rafforzato il sostegno economico a Buenos Aires, promettendo non solo un’iniezione di liquidità ma anche nuovi investimenti per altri 20 miliardi di dollari. Nelle ultime settimane Milei ha tenuto comizi in tutto il Paese, spesso a bordo di un pickup con un megafono in mano, nel tentativo di raccogliere il sostegno per quello che ha definito “un punto di svolta nella storia argentina”.
A Córdoba, che è considerata la sua roccaforte, ha assicurando che le riforme “daranno frutti nel lungo periodo”. Ma anche nella provincia più conservatrice, segnata da fabbriche chiuse e salari erosi, la sua capacità di mobilitare l’elettorato è apparsa molto attenuata.
L’asse Trump-Milei e i problemi interni
Per Donald Trump, Javier Milei rappresenta un baluardo “libertario” contro il socialismo latinoamericano. L’esito delle urne dirà se il capo dello Stato in carica potrà continuare a governare con la forza dei mercati e del supporto dello sponsor americano o se per l’Argentina si profila un cambiamento radicale, con il ritorno ad un approccio più statalista.
La questione dell’inflazione è tra le più sentite, anche perché incide sulla “carne viva” dei cittadini-elettori. I miglioramenti sono molto limitati. L’indice dei prezzi al consumo (Ipc) si è attestato al 31,8% su base annua a settembre, in calo rispetto al 33,6% di agosto, stando ai dati pubblicati dall’Istituto Nazionale di Statistica e Censimento Indec. In particolare, i settori dell’edilizia abitativa, dell’acqua, dell’elettricità e dei combustibili sono aumentati del 3,1% a causa dell’aumento dei costi di affitto.





