In New Hampshire, Biden vince senza il suo nome sulla scheda
Nel totale disinteresse dei media nazionali ed internazionali, si sono svolte martedì nel New Hampshire anche le primarie del partito Democratico, il primo appuntamento elettorale che ha visto la vittoria del presidente Joe Biden.
Un voto che però tecnicamente non è stato autorizzato dalla leadership del partito nazionale, il Democratic National Committee. Difatti, il DNC aveva deciso di fissare l’inizio delle primarie con una vittoria schiacciante di Biden, posticipando le primarie del New Hampshire (storicamente poco allineato alla disciplina di partito) e lasciando alla Carolina del Sud il taglio del nastro.
La leadership Dem del New Hampshire ha invece deciso di disubbidire, confermando la data del 24 Gennaio 2024 con il risultato che il nome di Biden non è stato stampato sulle schede. Cosa accadrà ora e che valenza avrà il voto di martedi scorso non è dato sapere; di certo il primo appuntamento delle primarie ha messo in evidenza la spaccatura all’interno del partito e i mal di pancia di chi è consapevole delle difficoltà fisiche e mentali dell’attuale ottuagenario presidente.
Risultati
Il risultato in New Hampshire è stato deludente per i Dem a causa della bassa affluenza alle urne (su circa 90,000 elettori registrati, ha votato solo il 30% degli aventi diritto). Il presidente Joe Biden ha vinto con il 61% dei voti, tutti scritti a penna poiché mancava il suo nome sulla scheda. Dean Phillips, sconosciuto e boicottato parlamentare dem del Minnesota è arrivato secondo con un inaspettato 21%, mentre si è piazzata terza, Marianne Williamson con il 4% dei voti.
Le cinque crisi che attanagliano Biden
La strategia del team elettorale di Biden sembra essere tutta incentrata sugli attacchi all’avversario Trump con una consapevole disattenzione ai problemi reali degli americani.
Gli strateghi di Biden puntano ad una comunicazione atta a seminare panico, paventando il rischio democrazia con una eventuale elezione del Tycoon. Una scelta che, però secondo i sondaggi, non è vincente, difatti pare che gli americani siano interessati ai problemi reali del Paese che vanno dall’economia all’immigrazione illegale. Quest’ultima,un’ emergenza sociale sta mettendo in ginocchio molte città e metropoli.
Per gli americani, i temi più critici rivelati dai sondaggi rappresentano le 5 debolezze del candidato Biden. Gli elettori puntano il dito sugli effetti della “Bidenonomics”, sull’emergenza immigrazione clandestina incontrollata, la crescita della criminalità, i guai giudiziari del figlio Hunter, accusato di evasione fiscale , possesso illecito di armi e traffici con Paesi esteri e relative mazzette) e, non ultimo, l’età avanzata del candidato presidente. Va ricordato che Biden è già ora il Presidente più anziano di sempre e diversi sondaggi hanno indicato che oltre il 70% dell’opinione pubblica dichiara preoccupazione per un eventuale secondo mandato.
La spaccatura nel partito Dem
Le frustrazioni degli strateghi dem per la candidatura di Biden sono esplose alla pubblicazione dei risultati di sondaggi relative alla corsa alla Casa Bianca. I dati sconfortanti hanno portato una mente del partito come David Axelrod, architetto della campagna presidenziale di Barack Obama nel 2008, a pubblicare un post sui social media con il quale suggerisce a Biden di considerare l’idea di ritirarsi dalla corsa e lasciare che qualcuno più eleggibile prenda il suo posto.
Le elezioni presidenziali del 2024 sembrano essere per una corrente del partito una sorta di rivincita di quattro anni fa. Difatti Biden, ostinato ad andare avanti, finora non ha mai dato alcun segnale di volersi ritirare, mentre il suo team sembra non dar peso al sondaggio del New York Times/Siena College che dà perdente l’attuale presidente contro Trump in cinque dei sei Stati, decisivi nel 2020 per la sua vittoria.
I segnali più preoccupanti per i Dem, rilevati dal sondaggio, riguardano soprattutto l’erosione del gradimento da parte delle comunità afro-americane e sud-americane. Nelle ultime settimane prevale anche la spaccatura sul conflitto in Medio Oriente tra Israele e Palestina.
Le strategie Dem per arrivare al 5 novembre
Le debolezze di Biden devono essere ben note ai leader del Partito Democratico se hanno deciso di disegnare una strategia per le primarie che blinda il Presidente senza esporlo ad una vera campagna elettorale.
Il primo obiettivo (raggiunto) è stato quello di evitare di avere candidati alternativi a Biden troppo “competitivi” -come il Governatore della California Newsom o quello del Michigan Whitmer. Infatti l’unica alternativa a Biden nelle primarie sono un parlamentare sconosciuto del Minnesota , Dean Phillips, ed una scrittrice, Marianne Williamson . Un terzo incomodo, Robert F.Kennedy Jr, nipote del Presidente assassinato a Dallas, è stato costretto a lasciare il partito. Il rampollo della famiglia presidenziale storica americana però non ha mollato e va avanti con la sua campagna elettorale per la corsa alla Casa Bianca come indipendente.
Il secondo obiettivo (mancato) puntava ad evitare un inizio di primarie con segno negativo in Iowa e New Hampshire. Quindi, la leadership Dem ha sostituito le votazioni ai Caucus in Iowa a Gennaio con tre mesi di voto per posta, e ha modificato il calendario delle primarie, cercando (senza successo) un rinvio delle primarie in New Hampshire.
Il terzo obiettivo (raggiunto) è stato quello di eliminare le possibili sorprese nelle primarie di Stati con alto numero di delegati. Questo è il caso della Florida, con i suoi 250 delegati in palio, nello Stati del governatore DeSantis, i candidati Phillips e Williamson non sono stati accettati dalla leadership del partito locale, pertanto Biden risulta già essere il vincitore, non avendo alcun oppositore ufficiale.
Finora la strategia attuata ha blindato Biden con successo, ma ha creato molto malcontento nel partito.
Gli scenari futuri possibili
Le presidenziali americane del 2024 vanno avanti con molte incognite. Gli osservatori politici internazionali intravedono diversi scenari nella campagna elettorale presidenziale del 2024, dovuti ad altrettante variabili.
L’ipotesi più probabile sembra essere lo scontro diretto Trump-Biden, entrambi dovrebbero avere i delegati sufficienti per essere nominati candidati alle Convention dei due partiti. In questo caso si ripeterebbe lo scontro del 2020 con un esito che, almeno secondo i sondaggi, potrebbe sorridere al Tycoon.
Tra le variabili, ci potrebbe essere lo stop a Trump nella sua Corsa alla Casa Bianca, da uno dei vari procedimenti giudiziari. In questo caso il partito Repubblicano dovrebbe cercare un valido sostituto in tempi rapidi. Uno scenario possibile potrebbe vedere Biden sostituito da un candidato piu forte. In queste ultime settimane i rumors parlano di un colpo di mano all’ultimo momento, si ipotizza la scesa in campo di Michelle Obama o anche Gavin Newsom, entrambi potrebbero battere Trump. C’e anche chi ipotizza la candidatura della vice presidente Kamala Harris, ma i sondaggi non sono le sono favorevoli.
Va detto che, mentre le regole del partito prevedono il cambio del candidato alla Convention (e anche dopo), il processo è poco chiaro, mai provato e rischia di sfociare in un contenzioso.
In sostanza, nessuno dei tre scenari è scontato e privo di sorprese o complicazioni, c’è chi avanza l’ipotesi di una eventuale candidatura a sorpresa della ex first lady, Michelle Obama per fermare il Tycoon, ma al momento sembrano solo illazioni. Come diceva Platone “La democrazia è una forma piacevolissima di governo piena di disordine, e dispensa una sorta d’eguaglianza agli eguali come agli ineguali”, quindi non ci resta che aspettare.
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