Conflitto in Medio Oriente: Hamas e Israele si accordano su tregua e scambio di ostaggi

Il Consiglio di guerra di Israele ha approvato l'accordo: "Verranno rilasciati 30 bambini, 8 madri e 12 donne per 150 palestinesi" in una tregua di 4 giorni.

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La tregua tra Israele e Hamas

Dopo settimane di meticolose trattative e l’annuncio di Hamas ieri su Telegram, nelle prime ore di oggi, mercoledì 22 novembre, il governo di Israele ha annunciato di aver raggiunto un accordo con l’organizzazione terroristica palestinese Hamas. Il primo del genere dall’inizio del conflitto un mese e mezzo fa.

Il cessate il fuoco pattuito durerà quattro giorni, nel corso dei quali verranno rilasciati 50 ostaggi israeliani a Gaza – di cui 30 bambini, 8 madri e 12 donne – in cambio della liberazione di 150 prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Si ritiene che gli ostaggi includano tre cittadini americani. Poco dopo l’annuncio, Hamas ha rilasciato una dichiarazione su Telegram in cui confermava di aver accettato il cessate il fuoco di quattro giorni. I funzionari israeliani hanno comunicato che prenderanno tempo almeno fino a domattina per esaminare attentamente le potenziali sfide legate al rilascio dei prigionieri.

L’accordo prevede che per ogni giorno di tregua (se e per quanto a lungo questa verrà rispettata) Hamas rilascerà dieci ostaggi israeliani in cambio della liberazione di 30 palestinesi incarcerati. Il cessate il fuoco è stato stabilito per consentire in primis il passaggio sicuro degli ostaggi, ma anche, secondo quanto riferito, di centinaia di camion oltre il confine di Gaza per la consegna di aiuti umanitari, compreso il carburante. In base a quanto comunicato finora, durante i giorni di tregua le truppe israeliane dovrebbero rimanere nelle loro attuali posizioni, e Israele dovrebbe astenersi dal far volare droni sopra la Striscia per sorvegliare i movimenti a Gaza per almeno sei ore al giorno.

Trattative che hanno portato all’accordo

In una trattativa delicata come questa che include lo scambio di ostaggi e prigionieri è di vitale importanza dimostrare che esiste un canale di comunicazione efficace e affidabile, in grado di ottenere risultati concreti. I recenti negoziati sul cessate il fuoco sono stati condotti con rappresentanti del Qatar​, e il sostegno di Stati Uniti e del vicino Egitto. Inoltre, il direttore della CIA William Burns si è unito al capo del Mossad (l’agenzia di intelligence israeliana), David Barnea, e al primo ministro e ministro degli affari esteri del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim al-Thani per condurre le trattative.

Gli elementi che si sono riuniti intorno al tavolo godono di un rapporto di fiducia costruita e cementata nel tempo, stabilita anche attraverso la mediazione di altri accordi in tutto il mondo, dall’Afghanistan al Sahel. Nel corso dell’attuale conflitto, che ha avuto inizio lo scorso 7 ottobre quando i combattenti di Hamas hanno scatenato un’operazione multi-terreno in Israele, il Qatar ha fatto da intermediario tra Israele e Stati Uniti da un lato, e Hamas dall’altro. Doha è infatti nota per ospitare numerosi alti funzionari del ramo politico di Hamas. Il che rende il piccolo emirato del Golfo un prezioso interlocutore per governi che , come gli Stati Uniti, hanno formalmente designato Hamas  un’organizzazione terroristica.

Una spinta in avanti?

La spinta impressa dall’accordo, che pure era stato previsto, potrebbe accelerare i progressi su una serie di questioni umanitarie, contribuendo ad alleviare le sofferenze imposte ai civili residenti a Gaza. Tuttavia, resta da vedere se l’accordo sugli ostaggi verrà interpretato dagli attori in ballo come un rafforzamento della fiducia; se così fosse, esso potrebbe dare un impulso effettivo a nuovi sviluppi. Per ora, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nella zona fulcro dei combattimenti tra la resistenza palestinese e le Forze di Difesa israeliane ben 21 dei 24 ospedali presenti sono totalmente fuori uso. Fino ad ora, Israele aveva acconsentito solo a brevi pause di alcune ore nella lotta per scopi umanitari.

Le sorti degli ostaggi americani e dei soldati israeliani

Finora, diversi aspetti tecnici come la verifica delle identità dei prigionieri di Hamas hanno ostacolato le trattative per una tregua, finendo per ritardare i negoziati. Solo quattro ostaggi, tra cui due americani, sono stati rilasciati prima dell’accordo, mentre un altro è stato salvato e, secondo quanto riferito, Israele ha scoperto i corpi di altri due. All’inizio del conflitto, Hamas ha affermato che quasi cinquanta ostaggi erano già stati uccisi dagli attacchi aerei israeliani, anche se questa affermazione rimane non verificata. Hamas ha affermato di non avere il controllo né di conoscere l’ubicazione di tutti gli ostaggi tenuti a Gaza. Oltre ad Hamas, si ritiene che anche la Jihad islamica palestinese (PIJ), un’altra organizzazione militante della zona, sia in possesso di circa 35 ostaggi, mentre altri gruppi più piccoli potrebbero detenerne un’altra dozzina, complicando ulteriormente i negoziati.

Secondo il ministero degli Esteri israeliano, tra gli ostaggi intrappolati a Gaza sono presenti cittadini stranieri provenienti da ben 26 paesi. Oltre alle donne e ai bambini rilasciati, si ritiene che Hamas abbia 90 uomini israeliani sotto il suo controllo, compreso un gruppo di soldati che probabilmente rappresentano la merce di scambio di maggior valore per i rapitori. Alcuni esperti hanno però ipotizzato che gli accordi per il rilascio del personale militare israeliano potrebbero trascinarsi ancora per mesi, se non per anni. Un precedente storico lascia ben immaginare il valore di ostaggi del genere: dodici anni fa, nel 2011, in cambio del rilascio di un solo soldato israeliano rapito cinque anni prima, Hamas ha ottenuto il rilascio di oltre mille prigionieri palestinesi.

Una forte pressione pubblica interna ha spinto sul governo israeliano affinché desse priorità al ritorno sicuro degli ostaggi durante l’aggressiva campagna di bombardamenti aerei e le operazioni di terra a Gaza. Sebbene la notizia dell’accordo sia accolta con grande favore, le sfide da affrontare fino all’entrata in vigore del cessate il fuoco rimangono numerose: la tregua sarà durevole e sostenibile? E cosa accadrà quando scadrà la pausa temporanea nei combattimenti?

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