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Il Manifesto di Ventotene: un boomerang per la sinistra

Quell'Europa agognata da Rossi e Spinelli, depauperata dai loro successori, apre un dibattito sterile su uno scenario desolante: l'impoverimento dell'Italia sull'altare dell'UE.


Fabrizio Torella by Fabrizio Torella
Aprile 3, 2025
in Editoriale, Ultimissime
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Manifesto di Ventotene
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Nel dibattito italiano, sempre più orientato dalle suggestioni bellicistiche, dal cilindro degli espedienti retorici dei prestigiatori della moderna narrativa europeista è riemerso il Manifesto di Ventotene, da tempo immemore giacente sotto la coltre polverosa dell’incoerenza politica e ideologica di chi oggi lo riesuma elevandolo a faro del mutilo progetto federale europeo.

Chissà quanti ne hanno letto il contenuto integralmente e apprezzato lo stridore con un certo pensiero progressista sempre più “liquido” e meno fedele alle sue radici. Quello stesso pensiero che ha ispirato l’azione dei tanti picconatori delle fondamenta economiche e sociali del nostro Paese e del suo popolo. L’Europa “a prescindere”, nei cui riguardi è interdetto il pensiero critico che per i neo-europeisti è prerogativa esclusiva. L’Europa sempre giusta, l’Europa senza macchia, l’Europa che da idea si è fatta ideologia, che da progetto politico si è trasformato in dogma religioso professato dalla casta dei depositari della verità ultima. La dottrina europeista non contempla concetti identitari e nazionali. I neo-europeisti rinnegano gli stessi valori patriottici per i quali sono morti i loro nonni e i loro padri, come Rossi e Spinelli, quelli del Manifesto.

Hanno fatto discutere le recenti dichiarazioni del Vicepresidente degli Stati Uniti, J.D. Vance, che ha definito l’Europa come parassita, riferendosi ai rapporti commerciali tra il Vecchio Continente e il Nuovo Mondo, argomentazione in seguito ratificata dallo stesso Presidente Trump. La contrarietà dei rappresentanti europei è stata corale ma moderata al cospetto di un detrattore del calibro del Presidente degli Stati Uniti d’America. Quando il biasimo dovesse invece scaturire da interlocutori meno poderosi, come uno Stato membro dell’Unione Europea o un suo singolo rappresentante,  la risposta sarebbe distruttiva. Chiunque avesse l’ardire di interrogarsi sugli eventuali svantaggi delle politiche economiche e monetarie dell’Europa – così concepita – sul nostro Stato nazione chiamato Italia, sarebbe annichilito dagli strali impetuosi del politicamente corretto.

Ai neo-europeisti che oggi sventolano il Manifesto di Ventotene strumentalizzandone senso e contenuto, fanno eco roboante le parole sibilline di qualche anno addietro dell’ex premier inglese Boris Johnson: “Napoleone, Hitler, in diversi ci hanno provato, e la fine è stata tragica. L’UE è un mezzo per fare la stessa cosa, che utilizza metodi diversi”. Uguale invece l’obiettivo: unificare l’Europa sotto una sola “autorità”. Ancora, i fallimenti “disastrosi” dell’Unione Europea hanno scatenato tensioni tra gli Stati membri e permesso alla Germania di veder crescere sempre di più il proprio potere, “assumendo il controllo dell’economia italiana” e provocando la “distruzione” della Grecia.

Guai ad esternare perplessità sui vincoli di bilancio imposti dal cosiddetto Patto di Stabilità, che hanno limitato la spesa pubblica italiana rendendo praticamente impossibile investire in crescita e welfare senza correre il rischio di incorrere in procedure d’infrazione, ma soprattutto nel monito severo dei tecno-burocrati di Bruxelles. Con buona pace degli europeisti “a prescindere”, i quali, in un delirio dissonante, hanno continuato per anni a riempirsi saccentemente la bocca di politiche keynesiane mai pervenute.

Guai a parlare di “trappola” monetaria dell’euro in mancanza di una convergenza fiscale che sosterrebbe i Paesi più indebitati come l’Italia, invece spogliati di uno strumento fondamentale come il controllo sovrano della propria valuta.

Guai a criticare la famigerata Politica Agricola Comune (PAC) che:

  • Assegna sussidi in base alla superficie coltivata, favorendo così le grandi aziende agricole (soprattutto francesi, tedesche e spagnole) rispetto alle piccole e medie imprese italiane, spesso a conduzione familiare;
  • Rende inutilmente ostico e farraginoso l’accesso ai fondi comuni per le imprese ma allo stesso tempo consente l’importazione di prodotti a basso costo da Paesi extraeuropei, con il risultato di danneggiare irreparabilmente i produttori italiani;
  • Impone le quote e le soglie massime di produzione (es. le quote latte), che hanno costretto i produttori italiani a limitare la produzione, pena il pagamento di multe oltraggiose;
  • Autorizza la contraffazione legalizzata di prodotti nazionali come il Parmigiano o il Prosciutto di Parma, danneggiando intere filiere produttive e infamando l’identità culturale e storica del nostro Paese.

Guai a dichiararsi italiani, oltre che europei, pena l’etichetta di bieco sciovinista (nel migliore dei casi).

L’Europa che sognavano Rossi e Spinelli non era intollerante, non ammetteva il pensiero unico, accogliendo il dissenso come linfa vitale della Democrazia. A Ventotene hanno immaginato un’Europa prospera e libera, unita ma nella diversità. Tutto quello che avversano coloro che oggi sventolano quel manifesto.

 

Tags: #manifestoventotene

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