Questa soap opera che aveva oramai raggiunto le vette di una sceneggiata da ballatoio, con le dimissioni di Genny Sangiuliano è arrivata al capolinea, e così il vero obiettivo è stato raggiunto.
È una vecchia storia che vediamo ripetersi da anni: cambiano i protagonisti, cambiano i fondali, ma il canovaccio è sempre quello, e ruota attorno alla prurigine e a un moralismo spacciato per “edificante senso delle istituzioni”.
Ecco, alla fine Sangiuliano si è dimesso, però, almeno, non diteci che è cioccolato quello che è stato messo nel ventilatore.
A differenza di tutti i media italiani, abbiamo fatto molta fatica ad appassionarci alla vicenda che ha coinvolto il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. La politica, come diceva Rino Formica, è “sangue e merda” (e qui si tratta soprattutto della seconda), ma in tutta questa storia di scontrini, amanti, chat private e presunti piani top secret, abbiamo visto soprattutto pruderie e un bigottismo che non è nemmeno troppo sincero.
Con questo intendo dire: ci fossero almeno un Savonarola o un Cicerone ad entusiasmarci con una bella filippica sulla licenziosità dei costumi moderni, potremmo almeno divertirci. Qui, invece, è stato tutto un pettegolezzo su fatti minimi, laterali, bazzecole. Una penosa storia di letto trasformata in affare di Stato. Come sempre in questi casi, si è voluto (e si vuole ancora) ammantare di nobili intenti quella che è, stringi stringi, solo curiosità morbosa o lotta di potere.
Abbiamo letto editorialisti preoccupatissimi dei “segreti” che la signora Boccia potrebbe rivelare (ma, poi, di cosa stiamo parlando?) o domandarsi ossessivamente «a che titolo? a che titolo?» la signora accompagnasse il ministro su e giù per l’Italia. Ne hanno fatto una questione di ordine pubblico e di arcani segreti di Stato, ma è solo fumo per nascondere quel che interessava loro veramente: era la sua amante o no? Si dimetteva o no?
Fanno tanto i libertini e gli uomini di mondo, professano il poliamore e la famiglia queer, ma alla fine sono più allupati di un qualsiasi guardone. Almeno, evitiamoci certe ipocrisie. Come ha scritto Giuliano Ferrara, certo puritanesimo scatta sempre e solo a seconda del soggetto e dell’oggetto: “Se a Berlusconi fossero piaciute cene e balli lap con i maschi, o i masculi come diceva scherzando La Russa, non sarebbe successo niente”. Questa soap opera speriamo sia finita con le dimissioni di Sangiuliano, così il vero obiettivo è stato raggiunto. È una vecchia storia che vediamo ripetersi da anni.
Intanto, con le dimissioni del ministro, al di là del colore politico, rischiamo di vedere penalizzate le zone d’Italia a vocazione turistica che hanno bisogno di valorizzazione e promozione. Sangiuliano stava infatti lavorando alacremente per trovare fondi. La quantità di interventi previsti, ad esempio, per Napoli – che questa estate ha registrato un aumento di turisti del 40% – sembrava notevole e fondamentale per il futuro della città, nonostante alcune decisioni opinabili. Cosa succederà ora?
Marì Muscarà, consigliere indipendente della Regione Campania, fa notare: “Tra i vari progetti previsti quello dell’Albergo dei Poveri, che ha ricevuto finanziamenti sia dal Pnrr che dai fondi di Sviluppo e Coesione, oltre alla Crypta Neapolitana (comprendenti i 12 milioni della Regione), il Teatro dell’Anticaglia, e il raddoppio del Museo Archeologico Nazionale di Napoli con il progetto Mann2, Napoli perde una sponda importante nel governo Meloni. Il ministro Sangiuliano aveva guardato alla sua città natale con grande attenzione, almeno sembrava così, ma ora che è stato travolto dalle dimissioni, rischiamo di veder rallentare molti progetti in corso, e questo non va bene; una città non può basarsi su una persona”.