Nonostante il live action di Biancaneve firmato Marc Webb stia andando bene al botteghino italiano, la storia è diversa per quello statunitense. Ma parlare di “flop” in termini puramente economici sarebbe riduttivo. Il film è diventato il simbolo di un momento di rottura, travolto da polemiche ideologiche e tensioni culturali che ormai, da anni, attraversano Hollywood. La Disney, nel frattempo, ha deciso di sospendere le riprese del nuovo live action su Rapunzel.
Biancaneve tra polemiche e controversie politiche
Le cause del flop negli Stati Uniti sono diverse: dalle controversie legate alle posizioni politiche delle protagoniste Biancaneve e la Regina Cattiva, rispettivamente Rachel Zegler, pro-Palestina e Gal Gadot, sostenitrice dell’esercito di Tel Aviv; fino all’accusa di essere troppo politically correct. Si tratta di una riscrittura in chiave moderna del classico Disney, a sua volta ispirato al racconto originale dei Fratelli Grimm. Stavolta la principessa è una leader femminista che si fa portavoce di valori politici e sociali, fra i quali giustizia e uguaglianza. Purtroppo però l’esigenza del politically correct ha snaturato una storia che ha fatto sognare i bambini per decenni.
In molti avevano contestato la scelta dell’attrice ispanica Rachel Zegler come protagonista; nel mirino anche il modo di realizzare i sette nani, creati al computer. A criticare la scelta, l’attore Peter Dinklage, affetto da una forma di nanismo, che ha definito “all’antica” la rappresentazione dei personaggi. In risposta la Disney aveva assicurato di non avere intenzione di rafforzare gli stereotipi. Ma il flop di Biancaneve ha lanciato un segnale: il pubblico mainstream sembra essere insofferente al radicalismo woke che ha guidato molte scelte narrative negli ultimi anni.
Dal #MeToo al backlash conservatore
Negli ultimi dieci anni movimenti come Black Lives Matter e #MeToo hanno spinto Hollywood verso un processo di autoanalisi, mettendo al centro temi come inclusività, rappresentanza e decostruzione degli stereotipi. Tuttavia, con l’avvento del nuovo mandato Trump e il ritorno di una retorica populista e conservatrice, questo equilibrio si è incrinato.
La società americana, e non solo, sembra attraversata da una crescente saturazione verso le narrazioni identitarie radicali, considerate da una parte dell’opinione pubblica come imposte e scollegate dal vissuto quotidiano della gente comune.
Questa versione di Biancaneve è certamente il frutto dell’evoluzione di una società che ha delle forti radici discriminatorie ma che è anche nata dalla multiculturalità. Una società che si trasforma ma che oggi vive una profonda divisione e confusione interna.
Biancaneve vittima del “woke fatigue”
La nuova Biancaneve si è trovata nel mezzo di una tempesta mediatica ancora prima dell’uscita: casting controversi, dichiarazioni discutibili, polemiche online. Un clima che ha finito per compromettere l’accoglienza del film, trasformandolo da potenziale blockbuster a caso culturale.
L’impressione è, appunto, che una parte ampia del pubblico si sia sentita esasperata dal radicalismo woke: più che inclusività, ciò che molti spettatori percepiscono è una forma di moralismo forzato, lontano dalle emozioni che un film Disney dovrebbe suscitare.
E ora?
Con Rapunzel bloccato e Biancaneve sulla graticola, Disney si trova davanti ad un bivio: continuare a seguire la linea progressista che ha caratterizzato l’ultimo decennio o rivedere la propria strategia alla luce di un panorama culturale in rapida evoluzione? Una cosa è certa: la prossima principessa dovrà affrontare non solo streghe e incantesimi ma anche il giudizio di un pubblico sempre più diviso.





