Giorgio Napolitano, la camera ardente al Senato
Prosegue la camera ardente di Giorgio Napolitano a Palazzo Madama. Nella sede del Senato moltissimi i rappresentanti istituzionali che sono andati a rendere omaggio al defunto. Storica la visita a sorpresa di Papa Francesco, prima volta per un pontefice a Palazzo Madama. In precedenza l’arrivo di Sergio Mattarella e di Giorgia Meloni. Presenti i presidenti dei due rami del Parlamento, Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana, quelli di Partito Democratico e Movimento 5 Stelle, Elly Schlein e Giuseppe Conte, nonché gli ex presidenti del Consiglio Giuliano Amato, Mario Monti, Enrico Letta e Mario Draghi.
Lunghissima ovviamente la lista di chi si è recato presso il feretro: sindaci, ex ministri e rappresentanti del mondo sindacale e finanziario. Si segnala anche la presenza del Commissario Ue per gli Affari Economici Paolo Gentiloni. Domani si terranno i funerali alla Camera dei deputati, previsti in forma laica. Il governo ha disposto che le esequie fossero di Stato: deciso il lutto nazionale, con le bandiere a mezz’asta in tutti gli edifici pubblici.
Luci e ombre del presidente
Nei giorni del lutto il mondo politico ha espresso cordoglio e affetto nei confronti del defunto. “Lottò per lo sviluppo sociale, la pace e il progresso in Italia e in Europa” ha commentato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “Grande uomo servitore della Patria” è stato invece il commento del pontefice. Dietro la commozione acritica, tuttavia, è difficile non pensare ai molti chiaroscuri che hanno caratterizzato la biografia politica del presidente. A cominciare dalla sua gioventù, quando difese a spada tratta l’invasione sovietica dell’Ungheria nel 1956. L’URSS aveva, secondo Napolitano, difeso in questo modo la pace e impedito il dilagare dell’anarchia.
Una posizione ambigua Giorgio Napolitano la dimostrò anche dopo la primavera di Praga del 1968. Il PCI in quel caso aveva sì condannato l’invasione, ma ruppe con coloro considerati troppo severi verso l’Unione Sovietica. Fu il caso de Il Manifesto, i cui appartenenti furono espulsi dal PCI l’anno successivo, anche grazie al voto di Napolitano. Errori di gioventù, direbbe qualcuno, peccato che fossero avvenuti quando Giorgio Napolitano aveva rispettivamente 31 e 44 anni, non propriamente un adolescente.
Ma se dalla Prima Repubblica passiamo alla storia recente il bilancio non migliora di certo. Pensiamo ad esempio al ruolo determinante avuto da Giorgio Napolitano nella destabilizzazione della Libia, i cui effetti li stiamo pagando profumatamente ancora oggi. Per non parlare poi del siluramento di Silvio Berlusconi. Sul Cavaliere chiunque può legittimamente esprimere il giudizio storico che ritiene più corrispondente al vero. Innegabile, tuttavia, che tale avvenimento abbia spalancato le porte a quasi un decennio di governi tecnici, più interessati a compiacere l’Europa che a tutelare gli interessi strategici del Paese. Al netto di agiografie e beatificazioni, dunque, un bilancio equilibrato deve tenere conto di tutto, in modo da non ripetere gli errori del passato.
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