Gli eredi diffidano le attività commerciali dall’utilizzo improprio del nome d’arte Totò
“Sti ppagliacciate ‘e ffanno sulo ‘e vive: nuje simmo serie… appartenimmo à morte”. Chi non conosce i versi finali della bellissima ‘A livella di Totò? Una poesia che prende in giro le preoccupazioni quotidiane del presente, contrapponendo l’essenzialità e l’egualitarismo della morte. Quello in cui ci troviamo, tuttavia, è pur sempre il regno dei vivi e di questo fanno parte copyright e diritti d’immagine. Ecco perché da tempo gli eredi di Antonio De Curtis chiedevano maggior ordine nell’utilizzo del nome di Totò e delle sue creazioni artistiche.
Tanto da ottenere lo scorso anno il riconoscimento legale delle proprie richieste da parte del Tribunale di Torino. Questo, infatti, ha stabilito che venga “cancellato ogni riferimento all’artista nei segni distintivi dei locali, dai siti web ai cartoni per l’asporto, dai menù ai biglietti da visita e scontrini”. Totò, insomma, diventa un vero e proprio brand, come stanno imparando a proprie spese molti esercenti. La violazione comporta infatti il pagamento di 200 euro di multa. La possibilità d’inibire gli esercenti da un utilizzo non autorizzato del nome o dell’immagine di Totò nella propria insegna, tuttavia, è diventato di pubblico dominio solo in queste ultime ore.
“Noi chiediamo solo una regolamentazione – ha spiegato la nipote di Totò, Elena De Curtis – Siamo disposti ad avviare, come abbiamo sempre fatto del resto, un’interlocuzione, in alcuni casi stiamo dando anche l’autorizzazione all’utilizzo. Quando non c’è malafede si trova un punto di incontro, un accordo. Siamo perfettamente consapevoli del fatto che affettuosamente parlando Totò è considerato di tutti, amato da tutti, ma questo non può pregiudicare la tutela”.
A farne le spese alcune attività, più o meno longeve. Molto citato è il caso della pizzeria “Totò e Peppino” di Porto d’Ascoli, fondata nel 2008, la quale ha dovuto cambiare il nome in “I Sapori della Costiera”. Molteplici però i locali che hanno cambiato i propri segni distintivi in questi mesi. Fermo restando che quello degli eredi non rappresenta un divieto tout court, bensì l’obbligo di ricevere un’autorizzazione.
C’è chi critica la scelta degli eredi. Lo scrittore Maurizio de Giovanni, ad esempio, concorda con la volontà d’impedire abusi. Allo stesso tempo evidenzia i rischi insiti in tale atteggiamento. “Totò è patrimonio dell’umanità – ragiona de Giovanni – trovo ingiusto e scorretto inibire a prescindere l’utilizzo di citazioni, poesie, battute riconducibili alla sua produzione culturale. Credo che lui per primo non avrebbe mai voluto una cosa del genere“.
“Come si può pensare oggi – continua de Giovanni – di interdire, ad esempio, ‘A livella? È sbagliato ed è dannoso perché in netto contrasto con la volontà dell’artista. È come se io proibissi all’improvviso le poesie di Guido Gozzano o di Italo Svevo”.