Polemiche per la visita di Zelensky in Pennsylvania
Da anni gli Stati Uniti sono impegnati a sostenere le cosiddette “rivoluzioni colorate” in giro per il mondo. Con quest’espressione, ormai diventata nota anche al grande pubblico, s’intendono quelle proteste popolari che, in nome dei diritti civili e della lotta alla corruzione, si sforzano di abbattere governi (a volte anche democraticamente eletti) considerati un ostacolo per l’espansione dell’influenza di Washington.
I rivali della superpotenza, tuttavia, hanno imparato la lezione, replicandola per quanto possibile contro chi ne vanta il marchio di fabbrica. Ironia della sorte, questa volta a interferire con il processo democratico americano non sarebbero i famigerati hacker russi, bensì il paladino dell’Occidente, Volodymyr Zelensky.
Secondo alti esponenti del Partito Repubblicano, questi si sarebbe prestato a fare campagna elettorale per i democratici, considerati molto più vicini a Kiev. Nei giorni scorsi Zelensky ha infatti visitato in pompa magna una fabbrica di munizioni in Pennsylvania, uno degli Stati in bilico che risulteranno decisivi nella corsa alla Casa Bianca. Lo stabilimento in questione, non a caso, produce armamenti destinati a sostenere lo sforzo bellico ucraino.
L’accusa: “Evento elettorale pianificato”
In tale occasione Zelensky è stato accolto da personalità di primo piano del Partito Democratico. Come il governatore Josh Shapiro, prima della scelta di Tim Walz considerato uno dei papabili per affiancare la Harris in caso di vittoria alle presidenziali. Non solo: Zelensky ha pensato bene di attaccare frontalmente il candidato repubblicano alla vicepresidenza, J.D. Vance, notoriamente scettico circa il sostegno ad oltranza a Kiev.
Il presidente della Camera USA, il repubblicano Mike Johnson, ha scritto ieri una lettera a Zelensky. Nella missiva, la visita in Pennsylvania viene definita “palesemente un evento elettorale di parte pianificato per aiutare i democratici”. Il presidente ucraino si sarebbe dunque macchiato di una chiara “interferenza elettorale”. Johnson ha inoltre chiesto il licenziamento dell’ambasciatrice ucraina a Washington Oksana Markarova. Nelle stesse ore, una commissione della Camera dava il via a un’indagine parlamentare.
Oltre alle motivazioni ufficiali di sostegno all’Ucraina, insomma, i democratici avrebbero voluto lanciare un messaggio cinico. Interrompere le forniture a Kiev, questo il sottotesto, significherebbe far perdere commesse all’industria bellica americana. Non esattamente un ragionamento che porta al Nobel per la Pace. O forse sì?