Il giudice Juan Merchan, rivolgendosi ai membri della giuria nel processo di New York, ha specificato che per sancire l’effettiva colpevolezza di Donald Trump i pubblici ministeri debbano dimostrare che intorno al 14 febbraio 2017 egli abbia realizzato un falso contabile. Nel mirino, in particolare, una fattura del suo ex avvocato Michael Cohen. L’accusa, inoltre, deve dimostrare che Trump lo abbia fatto con l’intento di commettere o celare un altro crimine.
Restano poi 33 capi d’accusa, ciascuno per falsificazione di documenti aziendali. L’unica differenza è la diversa data di registrazione. Per Merchan la mancata testimonianza di Trump non deve andare a suo sfavore. Non è infatti l’imputato a dover dimostrare la propria innocenza, spiega Merchan alla giuria.
“La legge non richiede all’accusa di dimostrare la colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio – ha continuato Merchan – Ogni giurato è responsabile di decidere se è convinto oltre ogni ragionevole dubbio che l’imputato sia colpevole o meno“. Un verdetto non può basarsi su speculazioni, bensì su riscontri oggettivi.
Merchan manipola la definizione di “unanimità necessaria”
Prima di mandare i giurati a discutere della sentenza, Merchan ha trovato il tempo per fornire dei chiarimenti, con un’interpretazione alquanto originale, tanto da sollevare dubbi e perplessità.
In linea con la legge di New York, Merchan preme affinché il verdetto “debba essere unanime” su ciascuno dei 34 capi d’accusa. Presenta però un esempio che si discosta dalla semplice interpretazione della legge. “Anche se si deve concludere all’unanimità che l’imputato ha cospirato per promuovere la sua elezione con mezzi illegali – spiega il giudice – non è necessario essere unanimi su quali fossero questi mezzi illegali. Nel determinare se l’imputato ha cospirato per promuovere la sua elezione con mezzi illegali, è possibile considerare quanto segue: 1) Violazioni della legge federale sulla campagna elettorale altrimenti nota come FECA; 2) Falsificazione di altri documenti aziendali; 3) Violazione delle leggi fiscali”.
In sostanza, secondo Merchan non sarebbe più necessaria l’unanimità su ogni singolo capo di imputazione sollevato da Bragg. Questo spiega perché il Procuratore Distrettuale si sia adoperato per moltiplicare i capi di imputazione.
“Merchan ha appena dato il colpo di grazia alla sua improbabile imparzialità – ha dichiarato a FoxNews Jonathan Turley, avvocato costituzionalista – Ha detto che non c’è bisogno di essere d’accordo su ciò che è accaduto. Possono non essere d’accordo su quale sia stato il crimine tra le tre scelte. Quindi, questo significa che potrebbero dividersi 4-4-4 e lui li tratterà comunque come unanimi.”
La giuria chiede chiarezza
Poco dopo essere entrata in camera di consiglio, la giuria ha fatto alcune richieste al giudice, a conferma che il dibattimento e le istruzioni da questo fornite non fossero stati sufficientemente chiari.
La prima richiesta è stata quella di riascoltare le istruzioni su come considerare le prove al fine di emettere la sentenza. La giuria ha poi presentato quattro richieste di prove: le tre testimonianze di David Pecker (rispettivamente sulla conversazione telefonica con Trump, sulla decisione di non finanziare i diritti d’immagine di Karen McDougal e sull’incontro alla Trump Tower) e la testimonianza di Cohen, sempre sull’incontro alla Trump Tower.
Non è chiaro quanto tempo occorrerà alla Giuria per emettere la sentenza. Appare tuttavia evidente come i 34 capi di accusa e l’articolazione molto complicata, opera del Procuratore Bragg, renderanno difficile il compito dei giurati.
Il giudice Merchan sta interferendo nelle elezioni presidenziali?
Quasi superfluo sottolineare come una condanna di Trump potrebbe avere delle ripercussioni sulle presidenziali. Trump attualmente detiene un leggero vantaggio nella pressoché totalità dei sondaggi. Elemento ancor più significativo è che gode di tale vantaggio nella maggior parte degli Stati in bilico.
La possibilità di essere condannato a New York City potrebbe però incidere sulle intenzioni di voto. Se Trump dovesse essere condannato, infatti, sarebbe plausibile pensare che alcuni elettori potrebbero spostarsi su Biden o astenersi. Pensiamo al caso paradossale di una condanna di Trump in primo grado, di una sconfitta elettorale per pochi voti e di un’assoluzione nel processo di appello (successivo ovviamente alle presidenziali). In tal caso non saremmo di fronte a una palese interferenza nell’esercizio della democrazia?
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