No, non si tratta della differenza tra il calendario giuliano e quello gregoriano. Se non ci fossero in mezzo morti e arrestati sarebbe più simile al veglione di Capodanno di fantozziana memoria, con il “maestro Canello” che sposta le lancette dell’orologio per anticipare la Mezzanotte. Eppure è la realtà che stanno vivendo quotidianamente i venezuelani, con il presidente “rieletto”, Nicolas Maduro, che ha deciso di anticipare il Natale al Primo ottobre.
Non è del resto la prima volta che il successore di Hugo Chávez decide di ricorrere a un simile escamotage. La motivazione? Come dichiarato anni fa dallo stesso presidente venezuelano, “Il Natale anticipato è il migliore vaccino per chiunque voglia iniziare rivolte e violenze”. Di questo passo, verrebbe da ironizzare, sarà costretto a festeggiarlo a gennaio.
Sì, perché il voto opaco del 28 luglio ha esacerbato le tensioni interne, con la repressione degli oppositori che si fa sempre più incalzante, tanto da suscitare le proteste di diversi Paesi sudamericani.
“Consegnerò le redini a un presidente chavista, bolivariano e rivoluzionario”
A destare inquietudine sono inoltre delle affermazioni pronunciate dallo stesso Maduro durante un incontro con i suoi sostenitori a palazzo MIraflores. In tale occasione avrebbe assicurato di essere disposto a cedere il comando soltanto a “un presidente chavista, bolivariano e rivoluzionario”.
“Quando toccherà a me consegnare le redini – avrebbe detto senza mezzi termini – le darò a un presidente chavista, bolivariano e rivoluzionario”. Parole che si commentano da sole. Ora, non cedere il potere ai rivali è la speranza di qualsiasi politico. Allo stesso tempo, in qualsiasi democrazia, anche solo di facciata, il rispetto del voto popolare dovrebbe essere sacrosanto. Tanto da convincere il regime autoritario di turno ad organizzare elezioni truccate per giustificare la propria permanenza. Nel Venezuela sempre più polarizzato anche tale paletto sembra essere saltato.