Anche le carte geografiche sono un campo di battaglia
Il nome dei luoghi riflette, oltre alla loro storia, anche rapporti di potere e conflitti. La battaglia su alcuni cambi di denominazione portata avanti da Trump si colloca proprio in tale solco. Celebre il caso del Golfo del Messico, che il Presidente USA ha voluto ribattezzare Golfo d’America. Una modifica che è stata accolta persino da Google, anche se solo per gli utenti statunitensi (per gli altri è stata inserita la doppia denominazione). Ora il tycoon ha messo gli occhi sul Golfo Persico, con l’intenzione di farlo diventare Golfo d’Arabia.
Una decisione che va incontro a una storica richiesta dei Paesi arabi rivieraschi, soprattutto dopo l’aumento delle tensioni con l’Iran.
A rivelarlo è l’Associated Press, che già in passato si era rifiutata di accogliere il cambio di nome delle acque tra Messico e Stati Uniti. Una posizione che aveva indispettito Trump, tanto da impedire ad AP l’accesso alla sala stampa della Casa Bianca.
L’ultima decisione del Presidente americano in materia di toponomastica investe appunto il Medio Oriente. L’annuncio dovrebbe essere fatto tra il 13 e il 16 maggio, in occasione della visita di Trump nella regione.
La scelta di Trump provoca le reazioni dell’Iran
L’insenatura marittima che bagna le coste di Iran, Arabia Saudita, EAU, Bahrein, Kuwait, Iraq e Qatar è conosciuta con il nome attuale almeno dal XVI secolo.
Inevitabili dunque le proteste dell’Iran, erede geopolitico e culturale della Persia. Già nel 2012 Teheran aveva attaccato Google Maps perché non riportava alcun nome sopra le acque in questione. Questa volta a muoversi è stato il Ministro degli Esteri Abbas Araghchi, peraltro attualmente impegnato nel complesso negoziato con gli Stati Uniti sul nucleare.
“Sono certo che Donald Trump sappia che il nome Golfo Persico è vecchio di secoli – ha scritto Araghchi – Il nome Golfo Persico, come molte designazioni geografiche, è profondamente radicato nella storia umana”.
L’Iran, del resto, “non si è mai opposto all’uso di nomi come Mare di Oman, Oceano Indiano, Mar Arabico o Mar Rosso. L’uso di questi nomi non implica la proprietà di una nazione in particolare, ma riflette piuttosto un rispetto condiviso per il patrimonio collettivo dell’umanità”.
“Al contrario – mette in guardia – i tentativi, motivati politicamente, di alterare il nome storicamente consolidato del Golfo Persico sono indicativi di intenti ostili nei confronti dell’Iran e del suo popolo e li condanniamo fermamente”. Cosa che, secondo Araghchi, rappresenta “un affronto per tutti gli iraniani”.