L’alta finanza punta su Harris
Il mondo finanziario sostiene Kamala Harris. Con la sostituta di Joe Biden nella corsa alla Casa Bianca si andrebbe verosimilmente verso una “continuità” nella politica degli Stati Uniti, con “un percorso politico più prevedibile in materia di difesa” e un “approccio multilaterale per affrontare i conflitti e la politica commerciale”.
Una presidenza Trump, al contrario, creerebbe “più incertezza”, con il rischio che il repubblicano “adotti un approccio più unilaterale” per quanto riguarda la politica estera e il commercio. A sostenerlo in un report è Ubs Global Wealth Management, ricordando “che gli Stati Uniti sono il principale partner commerciale dell’Ue in termini di esportazioni e importazioni” e che il ruolo degli Usa di fornitore di energia e prodotti correlati allo spazio comunitario “è cresciuto in importanza dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia”.
I conti non tornano. E i flop di Biden?
Una lettura degli eventi e delle dinamiche attuali che appare eufemisticamente di parte, se si considerano le difficoltà dell’amministrazione Biden nel gestire le diverse crisi in Medio Oriente ed Europa Orientale, con due conflitti che si stanno rivelando un bagno di sangue, non solo da un punto di vista militare.
Ad oggi le ripetute missioni del Consigliere per la Sicurezza Nazionale Jake Sullivan e del Segretario di Stato Anthony Blinken hanno prodotto poco o nulla. Anche sul fronte commerciale con la Cina. Benjamin Netanyahu è sempre più isolato in patria e osteggiato all’estero. Volodymyr Zelensky continua a sfasciare le squadre di governo con la defenestrazione di ministri chiave, non ultima quella di Dmytro Kuleba, a capo del dicastero più importante per un Paese in guerra: quello degli Esteri. La resa di quest’ultimo con tanto di lettera commiato presentata alla Verkhovna Rada (il Parlamento di Kiev) è indice di una spaccatura molto profonda nell’apparato di potere ucraino.
Quale multilateralismo?
Secondo Dean Turner, Chief Eurozone and Uk Economist a Ubs Global Wealth Management, “una presidenza Harris dovrebbe rappresentare in larga misura una continuità e potenzialmente un percorso politico più prevedibile in materia di difesa, con l’impegno a un approccio multilaterale per affrontare i conflitti, e di politica commerciale. A parità di condizioni, ciò dovrebbe risultare meno dirompente per gli investitori e comportare minori rischi per la crescita economica in Europa”.
Al contrario, con il leader del GOP in sella “si crea potenzialmente una maggiore incertezza, che potrebbe avere implicazioni sia positive che negative per gli investitori dopo che il polverone si sarà depositato. È probabile che Trump adotti un approccio più unilaterale e transazionale alla politica estera e al commercio”.
I due protezionismi: il visibile e l’invisibile
Con un’amministrazione Trump, insiste Ubs Wm, si potrebbero verificare problemi per l’Europa per quanto riguarda il commercio, in particolare se una volta eletto il tycoon dovesse confermare alcune delle sue promesse elettorali, come quella di imporre un aumento tariffario del 10% su tutte le merci importate.
“Queste politiche o anche solo la loro minaccia hanno il potenziale per causare, almeno nel breve periodo, una significativa volatilità nei mercati e pesare sulla fiducia delle imprese e sugli investimenti da un punto di vista economico”.
La presidenza Trump porrebbe quindi “una serie di rischi negativi per l’economia europea nel breve termine ma questo potrebbe essere compensato nel medio termine se il riorientamento delle catene di approvvigionamento si traducesse in maggiori investimenti nel continente”.
Come se i celebrati “Buy American”, “Make it in America”, “Innovate in America”, “Invest in all of America”, “Stand Up for America” e “Supply America” di Joe Biden fossero di stampo liberista puro.
Le reticenze dell’Europa
Per quanto riguarda la questione della difesa, a prescindere dall’esito del voto presidenziale di novembre, rilevano gli esperti di Ubs Global Wealth Management, “i paesi europei sono già consapevoli di dover destinare maggiori risorse alla difesa nei prossimi anni, dato che gli Stati Uniti non possono più garantire un sostegno a lungo termine”.
L’Europa “ha già aumentato la propria quota di spesa per la difesa, nel tentativo di rispettare i precedenti impegni della Nato, pari al 2% del pil, ma molti Paesi hanno ancora molta strada da fare”. Ulteriori pressioni per incrementarla “potrebbero incontrare delle difficoltà”.
La soluzione del tycoon
Inoltre, conclude Ubs, se l’Europa dovesse dirottare più fondi verso l’Ucraina per compensare il calo del sostegno degli Stati Uniti, “potremmo assistere a ulteriori tensioni sulle finanze in assenza di una fine del conflitto”. Quella “fine del conflitto” che proprio Donald Trump vuole, come ha dichiarato più volte, proponendo anche degli articolati piani per raggiungere l’obiettivo, mentre i “dem” hanno continuato ad imbottire Zelensky di armi e sostanziali assegni in bianco, sottraendo risorse ad altri capitoli di spesa che stanno più a cuore agli americani.