La Groenlandia vuole il referendum per l’indipendenza

L'11 marzo in Groenlandia si terranno le elezioni. Il leader del partito socialdemocratico "Siumut" ha annunciato che, in caso di riconferma dell'attuale maggioranza, verrà indetto un referendum sull'indipendenza.

Groenlandia

I riflettori internazionali puntati sulla Groenlandia

Può un’isola con un numero di abitanti paragonabile a quello di Siena (poco sopra i 50mila) avere da mesi i riflettori internazionali puntati su di sé? Sì, se si tratta della Groenlandia, collocata in una posizione strategica e finita nel mirino di Donald Trump, che vorrebbe acquisirne il controllo. Collocata in un posizione cruciale per l’Artico e per la stessa difesa del continente americano, la Groenlandia è attualmente sotto la sovranità danese.

Schivare le mire di Washington e dire addio a Copenaghen rappresentano non a caso i principali obiettivi degli attuali partiti al governo. Erik Jensen, leader del partito d’ispirazione socialdemocratica Siumut, ha annunciato ieri che, in caso di riconferma elettorale dell’attuale coalizione, verrà indetto un referendum per l’indipendenza.

Il prossimo 11 marzo, infatti, si terranno in Groenlandia delle elezioni che potrebbero rappresentare uno spartiacque epocale nella storia dell’Atlantico (e non solo).

Trump, intanto, continua a guardare con interesse a quanto accade a Nord-Est. Non sarebbe la prima volta, del resto, che Washington prova a garantirsi il controllo della Groenlandia. Tentò già nel 1868, poi nel 1946 e, durante il primo mandato Trump, nel 2019, quando il tycoon propose di acquistare l’isola dalla Danimarca, ricevendo picche.

Gli abitanti peraltro non vorrebbero finire sotto il controllo USA, preferendo piuttosto restare legati alla Danimarca. Questo almeno è quanto rivela un sondaggio di Euractive: l’85% degli abitanti preferirebbe rimanere con Copenaghen, invece di essere inglobati dagli States. La pensa in modo opposto appena il 6%. Tali percentuali, tuttavia, non comprendono l’ipotesi della semplice indipendenza.

Non è affatto improbabile che questa possa concretizzarsi con un ampio margine, visti anche gli orientamenti degli attuali partiti al governo. Una cosa è certa: il ritorno di Trump alla Casa Bianca rappresenta una cesura storica, infinitamente più dirompente del suo arrivo nel 2016. Tutti si stanno rapidamente adeguando ai desiderata del leader MAGA: dal Canada al Messico, passando per Panama, Colombia e, persino, Hamas. La Groenlandia al momento sembra voler mantenere un certo margine di manovra. Ma se diventasse davvero indipendente, quanto potrebbe resistere alle mire USA?

 

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