La Cina scavalca gli USA e mette un piede a Gaza
Un altro smacco diplomatico per gli Stati Uniti. Da Pechino, infatti, arriva l’annuncio circa l’intesa raggiunta da 14 fazioni politiche palestinesi in vista di un governo provvisorio di riconciliazione nazionale. Tra queste le rivali di sempre: Hamas e Fatah. Un successo che ricorda l’accordo sottoscritto nel marzo dello scorso anno, sempre grazie alla Cina, tra Arabia Saudita e Iran, volto a smussare le tensioni tra Repubblica Islamica e Paesi arabi moderati.
La “dichiarazione di Pechino”, così è stata ribattezzata l’intesa, ha visto la soddisfazione di tutti gli attori coinvolti. A cominciare dal ministro degli Esteri cinese Wang Yi. “La riconciliazione è una questione interna delle fazioni palestinesi – ha spiegato – ma allo stesso tempo non può essere raggiunta senza il sostegno della comunità internazionale”.
Un giudizio estremamente positivo, come inevitabile, è arrivato dai diretti interessati. “Abbiamo firmato oggi – ha dichiarato Musa Abu Marzuk, tra i responsabili del drammatico attacco del 7 ottobre – un accordo per l’unità nazionale e diciamo che la strada per completare questo viaggio è l’unità nazionale. Ci impegniamo per perseguire l’unità nazionale e la chiediamo”.
I grattacapi per la Casa Bianca
Una vera e propria tegola per Israele e Stati Uniti. Il primo, infatti, aveva ventilato da tempo l’ipotesi di un condominio tra Fatah (nelle vesti dell’Autorità Nazionale Palestinese da lei presieduta) e i Paesi arabi moderati. Per Gerusalemme, dunque, la possibilità che tutte le forze palestinesi (compresa Hamas) reclamino un governo condiviso rappresenta né più né meno che un incubo.
Imbarazzante anche la situazione degli Stati Uniti e dei democratici in particolare. Dopo il ritiro precipitoso dall’Afghanistan, l’invasione russa dell’Ucraina e il già citato accordo Arabia Saudita-Iran, Washington è alle prese con l’ennesimo smacco internazionale. A prescindere da come la si pensi sul conflitto israelo-palestinese, Trump ha avuto sia da presidente che da candidato una posizione inequivocabile. Piaccia o non piaccia, chi lo vota sa cosa sceglie. Molto diverso il caso democratico, con Biden che, da una parte, ha confermato la tradizionale alleanza con lo Stato ebraico, cercando però dall’altra di influenzare (senza successo) le mosse di Netanyahu.
Situazione ancor più complessa per Kamala Harris, considerata ancora meno vicina a Gerusalemme. I dem rischiano così di aver perso il controllo dell’ennesima crisi geopolitica, scontentando sia i sionisti americani che i filo-palestinesi. La Dichiarazione di Pechino, dunque, avrà probabilmente delle ripercussioni anche nella corsa alle presidenziali.