Italia, disoccupazione in calo
Il contesto internazionale non è dei migliori, è vero, e le prestazioni di alcuni attori chiave come la Germania rappresentano una seria ipoteca per tutte le economie continentali. Eppure Il Belpaese continua a recuperare terreno. “L’Italia può ancora stupire” pronunciato un paio di settimane fa da Giorgia Meloni durante l’Assemblea Nazionale di Confindustria non è dunque solo uno slogan elettorale. A rivelarlo gli ultimi dati dell’Istat sulla disoccupazione.
Il Belpaese, infatti, ha registrato un ulteriore calo, passando dal 6,4% di luglio al 6,2% di agosto. La flessione, seppur lieve, va letta in una tendenza di lungo periodo. Se confrontata, ad esempio, con agosto 2023 appare in tutta la sua portata. Sono infatti 355mila i disoccupati in meno rispetto allo scorso anno. 46mila in meno se confrontati invece con luglio. In Italia vi sono ancora 1 milione e 588mila disoccupati, terreno su cui la politica deve ancora lavorare per raddrizzare disparità e sperequazioni accumulate negli anni. La ripresa, tuttavia, è innegabile.
Ad agosto cresce specularmente il numero degli occupati. Si tratta di 45mila unità in più rispetto a luglio e di 494mila se confrontate con lo stesso mese del 2023. Il tasso degli occupati in Italia si attesta in questo modo sul 62,3%.
Le criticità
I dati sopramenzionati giustificano senz’altro un moderato ottimismo. Come ci teniamo sempre a sottolineare, tuttavia, vi sono alcune criticità che vanno sempre considerate. A cominciare da chi viene considerato “occupato” a livello statistico. Utilizzando le parole dell’Istat, fanno parte di questo insieme coloro che “hanno svolto almeno un’ora di lavoro [a settimana] a fini di retribuzione o di profitto, compresi i coadiuvanti familiari non retribuiti”. Evidente come il numero di ore lavorate faccia la differenza. Chi lavora poche ore a settimana, fatto salvo il patrimonio personale, difficilmente riuscirà ad avere una propria stabilità economica.
Insidioso è anche il concetto di “inattivi”, ossia di coloro che non lavorano e, allo stesso tempo, non sono alla ricerca di un’occupazione. Tale insieme può infatti nascondere molti scoraggiati, che de facto sarebbero da annoverare tra i disoccupati. Gli inattivi, del resto, sono cresciuti di 44mila unità rispetto a luglio, rappresentando circa un terzo della popolazione in età da lavoro.
Le precisazioni appena fatte, tuttavia, non negano comunque l’utilità statistica d’individuare le tendenze in atto. Tendenze che, al netto di quanto specificato, sono senz’altro positive.
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