Iran, cade l’ultimo tabù: Trump apre al cambio di regime

In pochi giorni il leader MAGA è diventato la versione repubblicana di Biden. Sembra di essere tornati ai giorni di Bush Jr. Ora Trump lancia il motto "Make Iran Great Again".

Trump

Trump tradisce gli elettori e si riscopre “neocon”

In poche settimane il Trump che il mondo conosceva è scomparso. Dov’è finito il leader che il mainstream voleva vedere a tutti i costi morto? Il sopravvissuto di Butler, scampato per un soffio a una pallottola, che voleva porre fine a tutte le guerre?

Quello che, durante le presidenziali, i media internazionali si ostinavano a descrivere, senza timore di coprirsi di ridicolo, in svantaggio (o quantomeno alla pari) con la mai entrata in partita Kamala Harris? Il Presidente che nel discorso d’insediamento aveva segnato una cesura storica nella politica americana, quantomeno in quella del dopo guerra fredda? Il ricordo è ormai sepolto insieme a ciò che resta dei siti nucleari iraniani. Un attacco proditorio, che rischia d’impantanare Washington in un’area da tempo considerata di secondaria importanza strategica per gli interessi USA.

Nelle scorse ore anche l’ultimo tabù è venuto meno. Dopo aver dichiarato in tutte le salse che il bombardamento delle centrali di Fordow, Natanz e Isfahan era finalizzato ad avviare trattative da una posizione di forza, escludendo dunque cambi di regime, Trump si è rimangiato anche quello. Lo ha fatto a suo modo, via social, come se condividesse sul momento un ragionamento ad alta voce.

“Non è politicamente corretto usare il termine ‘cambio di regime’ – ha scritto Trump – ma se l’attuale regime iraniano non è in grado di rendere l’Iran di nuovo grande, perché non dovrebbe esserci un cambio di regime??? Miga!!!”.

Anche questa una sparata per costringere Teheran a desistere da ritorsioni? Come si può pretendere che un Paese, per giunta già alle prese con un conflitto esistenziale, non risponda a un attacco simile? E, in tutto questo, dove sono finite le vestali del diritto internazionale e della polarizzazione “aggressori-aggrediti”? Tante le domande a cui forse il futuro prossimo s’incaricherà di fornirci le risposte, probabilmente dolorose.

Alla superiorità morale dell’Occidente non crede più nessuno

Con il bombardamento USA dell’Iran, l’America ha dato vita, per l’ennesima volta, a dei cortocircuiti logici sulla superiorità morale delle democrazie contro i cosiddetti “regimi” (da bollare come tali solo quando rivali dell’Occidente). Che peso ha il voto popolare quando l’amministrazione di turno può agire in totale contrarietà rispetto al mandato dei cittadini? Tutto ci si poteva aspettare dal ritorno di Trump, infatti, meno che un conflitto in Medio Oriente… Eppure!

Difficile su questo dare torto a Putin quando ha definito l’Occidente “l’impero della menzogna”. Basti vedere le reazioni dei Paesi europei a Midnight Hammer per rendersi conto che la doppia morale è lo sport preferito da questa parte del globo.

Gli Stati Uniti hanno probabilmente aperto il vaso di Pandora, ostinandosi a destabilizzare Stati e intere aree del mondo, non traendo mai lezioni dagli errori passati. Gli esempi si sprecano: dalla Libia diventata un’accozzaglia di milizie all’Iraq finito nelle mani dello Stato Islamico (combattuto peraltro anche dall’Iran), passando per il ritorno trionfale dei talebani in Afghanistan e per le persecuzioni anticristiane nella nuova Siria.

La teoria del caos controllato in salsa geopolitica, dunque. Proprio quel caos che Trump aveva promesso di risolvere e che invece sembra aver moltiplicato.

 

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