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Home Editoriale

GIULIA PERDONACI

Enza Michienzi by Enza Michienzi
Dicembre 5, 2023
in Editoriale, Ultimissime
1
Giulia Cecchettin
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Sto guardando in tv le esequie di Giulia Cecchettin e la sensazione di smarrimento e rabbia mi assale. Sono tante le domande che mi affollano la mente. Mi chiedo perché, come si poteva evitare, quali sono stati i segnali non colti. Provo a sentire il dolore di papà Gino e della sorella Elena, sale un nodo alla gola, so che non è questo il dolore, è qualcosa di più lacerante che ti squarcia l’anima e ti porta in una dimensione sconosciuta.

Mi si presenta davanti agli occhi la foto dell’omicida, Filippo Turetta, faccia pulita, sorriso aperto; l’immagine di quello che potrebbe essere il figlio di tutti noi. Quel ragazzo, che sembrava un bravo ragazzo, invece ha ucciso, e con predeterminazione, con una mente lucida oltre ogni immaginazione. Lui, lo sportivo che dormiva con l’orsacchiotto, è uscito di casa e ha comprato il nastro adesivo per tapparle la bocca, si è procurato un coltello e il sufficiente contante per coprire la fuga, tutto programmato nei minimi dettagli. Con il piano pronto ”o sei mia o non hai diritto a vivere” ha invitato a cena la sua ex fidanzata che non o voleva più. L’ultimo appuntamento “per parlare”. Quello che è accaduto dopo è storia nota: davanti all’ennesimo rifiuto di Giulia, Filippo ha scelto di ucciderla e poi con un calcio si è definitivamente disfatto di quel corpo, che non potendo essere suo, era buono solo per un canale di rifiuti.
Quale logica si può trovare in questo orrore? Come un giovane figlio, cresciuto in una famiglia sana, di quelle che restano anonime perché ”normali” si è trasformato nel mostro che leggiamo nei verbali degli inquirenti?
E qui che si apre il dibattito e scorrono fiumi di parole già sentite. È qui che il senso di colpa, probabilmente di tutti noi, ci assale e proviamo ad individuare le cause del fenomeno, possibilmente però il più lontano da noi.
I media e i social sono colmi di commenti di ogni genere, ma pare sia la cultura patriarcale ad essere messa sul banco degli imputati. Ma davvero fate? La cultura patriarcale è indubbiamente una concausa ma attenzione, non la sola. Non sciacquatevi la bocca.
In questi ultimi decenni la società occidentale sta vivendo una deriva culturale senza precedenti. I principi della libertà, del rispetto della persona, delle istituzioni e dei ruoli sono stati scavalcati, sostituiti dalla subcultura della comprensione, giustificazione per ogni cosa. Prevarica quel buonismo che consegna ai giovani modelli di riferimento abbrutiti dalla necessità di avere tutto e subito, senza sacrifici, senza lavoro, senza rispetto. Una cultura che impone il pensiero unico e pannicelli caldi per reati minori, propedeutici – inequivocabilmente – ai maggiori.
Un tutt’uno che ha travolto famiglia e scuola, le fondamenta di una società democratica. Oggi ripensavo alla definizione coniata dal filosofo sociologo Zygmund Bauman: “società liquida” che ti fa vivere la frustrazione se non riesci a sentirti e a fare come gli altri: felici, belli, ricchi, giovani e spensierati. Bauman afferma che in questo modello di società non ci sono punti di riferimento per i giovani e il ruolo dei genitori e quello degli insegnati sono sviliti e annientati. Niente di più vero. Mamma e papà troppo spesso impegnati a mantenere una condizione economica sostenibile risultano assenti nell’educazione dei figli e la scuola fa peggio. Nel tempio dell’educazione e della cultura è largamente diffuso il bullismo impunito a danno degli insegnanti, una categoria umiliata e delegittimata sia professionalmente che economicamente. Ma tant’è!
Ve lo ricordate quando noi del secolo scorso tornavamo a casa con una nota sul quaderno? Quella era niente a confronto della punizione che ci aspettava. Oggi quella nota molte volte è impugnata da genitori che si rivolgono alla Procura della Repubblica. Tutto è senza limiti. Il rispetto per lle istituzioni e per l’’avversario politico è nelle mani di chi sfascia vetrine e manifesta in maniera violenta, sputa ai poliziotti, imbratta monumenti secolari, decide arbitrariamente di occupare case private e bloccare strade e autostrade.

La violenza di genere tra i giovani è figlia di questa società, della nostra assenza, del nostro girarci dall’altra parte. È la mancanza di educazione alla gestione del fallimento, di solidarietà e di ascolto. L’ego paranoico di emergere e vincere sugli altri è quello che ci rimane e solo noi possiamo gestirlo.
Che ci piaccia o no la rivoluzione culturale sta dentro ognuno di noi, e lo penso fermamente mentre continuo a guardare quella bara bianca di Giulia, la giovane ingegnere che voleva solo liberarsi di quel ragazzo che le toglieva il respiro, quello stesso respiro che Filippo le ha tolto definitivamente quel maledetto sabato dell’11 novembre.

Tags: #giuliacecchettin#nonunadimeno
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