Che fare? Come agire? Quali azioni intraprendere? Il dibattito sul rapporto Draghi per la competitività dell’Unione europea è appena iniziato e già suscita grande interesse. Quarantotto ore dopo la consegna del lavoro nelle mani di Ursula von der Leyen, continuano a fioccare i commenti, che si dividono, come nella migliore delle tradizioni, tra favorevoli e contrari.
C’è, però, un aspetto dei suggerimenti forniti dall’ex presidente della Bce che ci riguarda molto da vicino. Non proprio in termini pratici, sulla politica industriale o i dettami del Green Deal, piuttosto sul piano prettamente politico, con riforme da fare per raddrizzare la barca di Bruxelles. In particolare, Mario Draghi ha sottolineato la necessità di rivedere i criteri del bilancio dell’Unione “perché sia più mirato”. Il ragionamento dell’ex premier parte dal fatto che “una buona fetta è rappresentata dal fondo di coesione”.
E qui arriva la seconda parte interessante del ragionamento: “I fondi andrebbero forse utilizzati in maniera diversa rispetto a quanto accade oggi”, avvisa. Indicando “la digitalizzazione, i trasporti, l’istruzione e la connettività” come priorità su cui indirizzare i fondi regionali europei.
A rileggere in controluce queste parole, si tratta proprio dei temi di cui, stando alle indiscrezioni pubblicate dal giornale tedesco Die Welt (e mai smentite), dovrà occuparsi Raffaele Fitto nella nuova squadra di Ursula von der Leyen, che prossima settimana dovrebbe ottenere le deleghe a politiche economiche, Pnrr e coesione, oltre alla vicepresidenza della Commissione. Un bel compito per l’attuale ministro degli Affari Ue.
Non facile, soprattutto se Udl adottasse in toto le misure suggerite dall’ex capo della Banca centrale europea, visto che anche dall’Italia si levano voci in dissenso che rischiano di compromettere la geometria politica che dovrà votare la prossima Commissione. Claudio Borghi (Lega) e Pasquale Tridico (M5S), infatti, criticano pesantemente il Rapporto sulla Competitività.
Silenzio, invece, dalle alte cariche istituzionali dei principali Paesi europei, Italia compresa. L’unica voce di FdI, il partito di Giorgia Meloni, è quella del presidente del gruppo Ecr, Nicola Procaccini, che in un’intervista al Corriere della sera non lo dice apertamente ma comunque lascia intendere di non essere proprio soddisfatto al 100% di quello che ha letto. “Draghi è particolarmente polite, come dicono gli inglesi. Ma è evidente che il green Deal è stato un problema – sottolinea – Se sovraccarichi lo sviluppo di regole e di limiti, poi paghi pegno. Tanto più se non hai la forza per operazioni come quella che hanno fatto negli Usa: un gigantesco budget per stimolare la produzione interna garantendo agevolazioni finanziarie. Bisogna avere spalle larghe per operazioni del genere”. A buon intenditor, poche parole.