Le donne iraniane hanno trasformato i loro foulard nell’arma più potente contro la legge della sharia, adottata dal governo dell’Ayatollah Ali Khamenei, guida suprema del Paese e sanguinario ultraconservatore.
Contro la misoginia e il patriarcato, il movimento rivoluzionario giovanile, con a capo le donne, sta provando a scardinare le fondamenta ideologiche su cui si basa la teocrazia islamica iraniana. Da settembre scorso il movimento sfida a mani nude il regime, le donne si scoprono il capo e tagliano i capelli in pubblico, al costo della vita. E l’Occidente si indigna, ma resta a guardare.
La feroce risposta del governo islamico alla battaglia di liberazione delle donne allunga ogni giorno la lista delle vittime innocenti, che disarmate invocano diritti racchiusi in un solo slogan “Donna, Vita, Libertà”.
Di tutto quello che sta accadendo nel Paese – caduto nell’oscurantismo islamico nel 1979 con l’avvento di Khomeini a capo della cosiddetta repubblica islamica – purtroppo non ne abbiamo informazioni complete. Le notizie che trapelano sono poche. La stampa iraniana è controllata dal governo e i giornalisti ribelli sono incarcerati, molti di loro spariti nel nulla. Ma non basta. Il governo iraniano ha chiuso internet e WhatsApp, il Paese è isolato. Grazie però alle Organizzazioni umanitarie, anche se poche, alcune informazioni arrivano e sono raccapriccianti.
I report delle ONG segnalano uccisioni di massa: pochi giorni fa 830 studentesse sono state avvelenate con gas chimici e molte di loro sono state lasciate morire per mancanza di autombulanze.
In Iran è in atto un vero e proprio sterminio, ma non basta. Il regime oltre all’eliminazione fisica dei dissidenti, ha messo in atto una “campagna di educazione alle donne”. Di fatto con l’ausilio dell’esercito, le studentesse dei licei – secondo quanto riportato dalle ONG – sono costrette a scuola a guardare film porno, scene di stupri e scene di sesso tra umani e animali. Una strategia del terrore per convincere le ragazze che le proteste portano a questo tipo di devianza. Una violenza fisica e psicologica che secondo gli osservatori internazionali sta colpendo profondamente il movimento rivoluzionario giovanile, ma non lo ferma.
Sei mesi dI impiccagioni in piazza, processi farsa, arresti e ferimenti a morte, e dal governo nessuna apertura al dialogo ma solo repressione. Il sanguinario Ordini all’esercito del sanguinario Khamenei di sparare in faccia alle manifestanti, in modo da deturparle definitivamente. Se sopravvivono.
Un orrore senza fine che all’inizio della rivolta, a settembre, ha occupato le prime pagine di tutti i giornali internazionali. Una pressione forte e costante dell’opinione pubblica che ha riscosso un primo piccolo successo. Difatti l’ONU a dicembre ha deciso di sospendere il seggio dell’Iran nella Commissione delle Nazioni Unite sullo status delle donne. Una scelta che insieme a nuove sanzioni stabilite dagli USA e Unine Europea ha hanno fatto ben sperare.
Ma all’improvviso qualcosa è cambiato. Inspiegabilmente l’attenzione della stampa mondiale è andata scemando. Perché?
Una risposta a questo quesito l’ho letta pochi giorni fa in un’intervista ad una attivista iraniana, Maryam Namazie. Nell’analisi di quanto sta accadendo nel suo Paese – la giornalista ha dichiarato: “Non dobbiamo aspettarci alcun appoggio degli Stati occidentali alle lotte delle donne in Iran, loro preferiscono fare solo affari”. Un accusa racchiusa in tre parole:”business as usual”.
Immagino però che domani, Festa internazionale della donna, tutti indistintamente ritorneranno sul tema, e tutti gli altri si spelleranno le mani ai grandi discorsi che arrivano dai Palazzi. Quegli stessi palazzi che finora hanno solo dichiarato indignazione e solidarietà alle donne iraniane, ma di fatto null’altro.
Sono convinta che se non ci fosse stata la pressione dell’opinione pubblica forte e continuativa nei primi tre mesi dall’inizio del movimento iraniano, probabilmente non ci sarebbe stata la decisione dell’ONU di sospendere il seggio dell’Iran nella commissione delle Nazioni Unite sullo Status delle donne. Pensare male si fa peccato ma spesso si indovina (rif. G. Andreotti).
Di contro in Italia, chi non ha mai allentato la protesta contro il governo iraniano è il partito radicale, foriero di battaglie civili storiche. I seguaci di Pannella in sei mesi hanno organizzato ben 25 manifestazioni pubbliche a sostegno delle donne iraniane.
E mi piace molto la loro iniziativa di prendersi carico della richiesta della comunità iraniana – rivolta all’ONU – di inserire nella lista delle organizzazioni terroristiche i pasdaran: il corpo paramilitare iraniano, uomini feroci al soldo del governo. sarebbe un primo passo importante per mettere in difficolta il regime.
E allora si alza forte il grido “Non lasciamole sole” ! Riaccendiamo i riflettori della stampa internazionale sulla rivoluzione delle donne iraniane, aiutiamole a riconquistare i diritti negati da 44 anni.