Chiariamolo da subito: l’importante è che USA e Iran trovino un accordo, non dove. L’alternativa è talmente drammatica da non volerla prendere in considerazione. Questa, almeno, è la minaccia contenuta nella lettera inviata a marzo da Trump alla Repubblica Islamica. In tale occasione il tycoon aveva dato due mesi di tempo a Teheran per giungere a un accordo.
A Muscat, capitale dell’Oman, sabato scorso (12 aprile) si è svolto il primo round negoziale “indiretto” tra le parti. Gli USA erano rappresentati dall’onnipresente inviato speciale Steve Witkoff (lo stesso incaricato di trattare con Putin). L’Iran, invece, dal Ministro degli Esteri Abbas Araghchi. Un colloquio durato ben 45 minuti, secondo quanto ha rivelato l’americana Axios. Tanto da far parlare a Washington di negoziati “diretti”, al contrario della controparte persiana.
Sempre Axios aveva indicato in Roma la capitale in cui si sarebbero incontrati nuovamente i mediatori. L’appuntamento era per sabato prossimo, 19 aprile. Ipotesi confermata ufficialmente dall’Italia, attraverso il proprio Ministro degli Esteri, Antonio Tajani.
“Abbiamo ricevuto la richiesta da parte delle parti interessate, da parte dell’Oman che svolge il ruolo di mediatore e abbiamo dato una risposta positiva”, aveva fatto sapere il titolare della Farnesina dall’EXPO di Osaka.
“Siamo pronti ad accogliere – aveva proseguito Tajani – come sempre, incontri che possono essere portatori di risultati positivi, in questo caso sulla questione nucleare. Roma si conferma capitale di pace e di mediazione. Non è la prima volta che ci sono incontri di questo tipo nel nostro Paese e noi siamo disposti a fare tutto ciò che serve e continueremo a sostenere tutti i negoziati che possono portare a un risolvere la questione del nucleare, ma anche a costruire la pace”.
Lo stop è arrivato nella serata di ieri dall’agenzia stampa iraniana Irna, la quale ha riportato le dichiarazioni del Portavoce del Ministero degli Esteri, Esmaeil Baqaei. L’Iran avrebbe in sintesi preferito tenere il secondo round nuovamente a Muscat. Questo nonostante i rapporti con Roma non siano recisi, come dimostrato del resto dalla recente liberazione di Cecilia Sala. Ad ogni modo, anche se la scelta della capitale italiana avrebbe rappresentato un indubbio riconoscimento internazionale per il nostro Paese, ciò che veramente conta è che si riducano le distanze tra le parti.