Lo Statuto Albertino (cosi chiamato dal nome del Sovrano che lo concesse) è la Carta Costituzionale concessa dal Re Carlo Alberto il 4 marzo 1848 ai sudditi del Regno di Sardegna nei territori al di qua e al di là delle Alpi, e segnò il passaggio dallo Stato assoluto allo Stato liberale-parlamentare.
Nel preambolo autografo dello stesso Carlo Alberto, viene definito come «legge fondamentale perpetua ed irrevocabile della Monarchia sabauda».
Tutta la stagione rivoluzionaria del 1848 si era conclusa con una serie di fallimenti ed i vari sovrani, una volta rientrati in possesso dei pieni poteri, si erano affrettati a revocare gli statuti concessi. L’unica eccezione in un simile panorama è il Regno di Sardegna che, pur uscendo sconfitto dalla guerra con l’Austria, riesce a preservare il regime costituzionale, mantenendo in vigore lo Statuto Albertino.
Al momento dell’unificazione italiana con la fondazione, il 17 marzo 1861, del Regno d’Italia, lo Statuto divenne la carta fondamentale della nuova Italia unita, restando in vigore per 100 anni, fino al 1 gennaio 1948, quando venne sostituto dalla Costituzione della Repubblica Italiana, che pertanto quest’anno compie 75 anni.
Lo Statuto, che ebbe pieno effetto dall’8 maggio 1848, con l’inizio della prima legislatura, fu redatto in due versioni, in italiano e in francese ( si ispirava alla Costituzione francese del 1830). Esso appartiene alla categoria delle costituzioni “ottriate”, cioè concesse formalmente da un sovrano di propria «certa scienza» e «regia autorità» e pertanto non è frutto di un processo popolare, come invece accadde per la Costituzione della Repubblica Italiana.