Ponte sullo Stretto, fumata bianca in Senato
Opera attesa e discussa da decenni, il Ponte sullo Stretto potrebbe essere arrivato a un punto di svolta. Il condizionale, visti i trascorsi burrascosi, è d’obbligo ma il placet dei due rami del Parlamento rappresenta un segnale eloquente. Il governo centrale e le regioni interessate sono infatti accomunati dalla volontà politica di realizzare l’opera, contribuendo a sanare il ritardo infrastrutturale del Mezzogiorno. Il vicepremier, nonché ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini sta puntando tutto sulla cura del ferro, ritagliandosi in questo campo uno spazio centrale all’interno dell’esecutivo.
Dopo l’ok della Camera arrivato lo scorso 16 maggio, il Senato ha dato ieri fumata bianca. 103 i voti favorevoli, a fronte di 49 contrari e 3 astenuti. A Montecitorio i sì erano stati 182, 93 i contrari e 1 solo astenuto. Finito il voto un applauso è partito dai banchi del centrodestra, la coalizione che ha storicamente sostenuto la necessità di realizzare l’opera. Hanno votato a favore anche i senatori del Terzo Polo.
Salvini: “Non è il ponte di Messina. È il ponte degli italiani”
Le opposizioni, al netto del già citato Terzo Polo, sostengono che la mossa del governo sia finalizzata esclusivamente a distrarre l’opinione pubblica. L’esecutivo sembra invece deciso ad andare avanti, con tanto di cronoprogramma. I prossimi anni sveleranno quale delle due versioni sia quella corretta. “È una gioia – ha dichiarato Salvini ai giornalisti – è un’emozione, è una missione sbloccare, accelerare e finanziare tantissimi cantieri che in Italia si aspettano da anni”.
Parlando della necessità d’interventi massivi in Sicilia, il ministro ha annunciato: “Saranno in cantiere 28 miliardi di euro di lavori, tra strade, autostrade e ferrovie. Il ponte da solo non avrebbe risolto nessun problema. Il ponte [va] inserito nella velocizzazione della ferrovia tra Palermo, Catania e Messina e fra Salerno e Reggio Calabria e gli investimenti che Anas sta facendo recuperando anni”. Il ministro parla di 100.000 posti di lavoro che verranno a crearsi con la messa in cantiere dell’opera. 6 miliardi sarebbe invece il risparmio che avrebbe la Sicilia ogni anno una volta realizzata l’infrastruttura. Il costo dell’opera secondo il Def si attesta intorno ai 14 miliardi. Entro 18 mesi dovrebbero partire i lavori veri e propri.
“Sul Ponte bisogna osare – ha dichiarato in Senato il vicepremier – L’Italia è la patria del Rinascimento. Se Michelangelo, Raffaello, Leonardo da Vinci non avessero osato e se fossero passati da una commissione costi-benefici, oggi non avremmo quello che hanno fatto loro. Penso alle chiuse sui Navigli pensate da Leonardo. Con i 5 Stelle non ci sarebbero state, avrebbero detto: “questo è un matto”.
Terzo Polo: “straordinaria occasione di sviluppo”. PD e M5S: “solo uno spot”
Sul tema del Ponte sullo Stretto le opposizioni appaiono divise. Su Facebook Ettore Rosato, deputato di Azione – Italia Viva, ha commentato: “Sarà una straordinaria occasione di sviluppo per tutto il Sud, va accompagnato da tante infrastrutture da troppo tempo bloccate, e sarà anche una straordinaria opportunità di mostrare le capacità italiane nel mondo. Noi faremo la nostra parte, vigilando affinché le parole si concretizzino, si aprano i cantieri, i tempi vengano rispettati e i soldi pubblici non vadano sprecati”.
Di ben altro avviso il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle. “Il decreto sul Ponte dello Stretto proposto dal governo è una potentissima arma di distrazione di massa – ha dichiarato ieri in aula il senatore dem Nicola Irto – brandita ogni qual volta va distolta l’attenzione mediatica da altro. Ma l’arma di distrazione di massa può servire anche ad altro. Ad esempio, a coprire interventi che rischiano di sconquassare ulteriormente il Paese e di cui il governo deve assumersi la responsabilità politica. Perché non è un caso che il decreto Ponte sia nato quasi contemporaneamente all’ultima bozza, dagli effetti potenzialmente devastanti, sull’autonomia differenziata […] Il nostro no, dunque, è un no al decreto per come è strutturato, per l’assenza di coperture finanziarie, per l’assenza di dibattito pubblico sui territori, perché nei fatti è solo uno spot”.
“Questo è un vecchio progetto – ha commentato Giuseppe Conte – che è stato riesumato per assecondare le velleità più che la concretezza del ministro di turno, in questo caso Salvini. Sembra quasi che lo lascino fare per sfogare questo capriccio”. I prossimi anni mostreranno chi tra l’esecutivo e le opposizioni avesse ragione.