Stesso luogo, ma ventiquattr’ore dopo. Il Pd ha chiuso la campagna elettorale in piazza del Popolo, a Roma, sul palco in cui il giorno prima si sono alternati i leader della coalizione di Centrodestra. E l’ombra del trio Meloni-Salvini-Berlusconi incombe ancora. Il vantaggio che i sondaggi attribuiscono al Centrodestra si ripercuote sugli umori della piazza: i sostenitori del Pd sono meno di quelli accorsi il giorno prima, soprattutto si registra meno convinzione. Tante le bandiere al vento (tra le quali una nostalgica con falce e martello ed effige del “Che” Guevara), sotto alle quali ristagna però un vociare preoccupato sugli esiti delle elezioni politiche di domenica.
Tanti interventi dal palco
Prova a dare la scossa il segretario Enrico Letta, che arriva ai piedi del palco a bordo del tanto discusso pulmino elettrico che gli ha fatto percorrere lo Stivale durante la campagna elettorale. È lunga la lista degli relatori che precedono il suo intervento: da esponenti della società civile (precari, studenti, insegnanti) a dirigenti del partito passando per presidenti regionali e ministri. Intervengono, tra gli altri, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, il presidente del Lazio Nicola Zingaretti, quello della Toscana Eugenio Giani, della Campania Vincenzo De Luca, della Puglia Michele Emiliano, dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, la vicepresidente dell’Europarlamento Pina Picierno, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, del Lavoro Andrea Orlando, della Cultura Dario Franceschini, della Salute Roberto Speranza. Quando sul palco sale un complesso musicale che suona le note di “Bella Ciao” la piazza si scalda. Del resto la retorica resistenziale è un pilastro della manifestazione, quandunque il refrain che attraversa i discorsi è sempre lo stesso: se andrà al governo il Centrodestra, l’Italia guarderà al passato e farà dei passi indietro sui diritti. I temi più cari sono la difesa dell’aborto, le richieste delle comunità Lgbt (dal palco parla anche Alessandro Zan, primo firmatario della legge contro l’omofobia), l’ecologismo, la rivendicazione delle restrizioni adottate durante la pandemia, e poi il lavoro, la collocazione internazionale dell’Italia, il Pnrr, nonché la difesa della Costituzione.
Letta: «Andiamo a vincere»
«Abbiamo fatto la scelta di difendere la Costituzione italiana, nata dalla Resistenza e dell’antifascismo, non permetteremo che quella Costituzione, la più bella del mondo, venga stravolta dalla Destra», scandisce Letta. Il riferimento è alla volontà della Meloni di apportare riforme costituzionali se il Centrodestra avrà i numeri per farlo, a prescindere dal parere del resto del Parlamento. «Le riforme costituzionali», ha osservato la numero uno di Fratelli d’Italia il giorno prima, «non le può fare solo la Sinistra, come quella pessima del Titolo V». Infine, il segretario del Pd osa uno slancio di ottimismo: «Viva l’Ue, l’Italia democratica e progressista. Viva il Pd. Andiamo a vincere domenica».
Centrodestra? «Tra psichedelico e sagra burina»
Nel corso dell’evento non mancano stoccate a chi, nel Centrosinistra, ha deciso di collocarsi fuori dalla coalizione: Italia Viva di Matteo Renzi e Azione di Carlo Calenda. Bersaglio di critiche anche Giuseppe Conte e il M5s. Il presidente della Campania, De Luca, nel suo intervento andato ben al di là del limite di tempo imposto di due minuti, prende di mira il reddito di cittadinanza, definendolo «una porcheria» che «ha mischiato i poveri con i parassiti e i figli di buona donna». Ma è proprio De Luca, in uno dei suoi interventi più applauditi, a dimostrare che l’ombra più ingombrante che incombe sulla piazza è quella dei leader di Centrodestra. «Ieri qua», ha detto il presidente della Campania, «si è svolto un evento strano a metà psichedelico e a metà una sagra burina». Domenica notte, a urne chiuse, vedremo a quale tipo di evento assisteremo.