Donald Trump vuole dare subito un’impronta forte di discontinuità rispetto all’amministrazione Biden nell’affrontare alcune delle questioni che stanno più a cuore alla maggioranza del popolo americano. I dazi contro Cina, Messico e Canada saranno introdotti già dal primo giorno della sua presidenza.
L’annuncio di Trump su Truth
“Il 20 gennaio, fra i miei primi ordini esecutivi, firmerò tutti i documenti necessari per far pagare a Messico e Canada una tariffa del 25% su tutti i prodotti che entrano negli Stati Uniti, e sui loro ridicoli confini aperti”, ha scritto il presidente eletto degli Stati Uniti su Truth social, aggiungendo che rimarranno in vigore “fino a quando la droga, in particolare il Fentanyl, e tutti gli stranieri illegali non fermeranno questa invasione del nostro Paese”.
Trump non è disposto ad aspettare l’esito di eventuali trattative con le controparti, visti i precedenti: “Sia il Messico che il Canada hanno il diritto e il potere assoluto di risolvere facilmente questo problema che si trascina da tempo…chiediamo che usino questo potere e, finché non lo faranno, è ora che paghino un prezzo molto alto!”.
Sul tavolo con la Cina la questione Fentanyl
Per la Cina potrebbero esserci ulteriori dazi del 10% fino a quando il Fentanyl, il letale oppioide prodotto da sintesi chimica, non smetterà di “riversarsi nel nostro Paese, soprattutto attraverso il Messico”. Nel solo 2022 sono state registrate 107.941 morti per overdose, di cui 73.838 causate dall’uso di oppioidi sintetici.
Il magnate ha fatto riferimento a patti non mantenuti dalla controparte: “Ho avuto molti colloqui con la Cina sulle massicce quantità di droga, in particolare di Fentanyl, che vengono mandate negli Stati Uniti, ma senza alcun risultato”. La droga “si sta riversando nel nostro Paese, soprattutto attraverso il Messico, a livelli mai visti prima”.
La reazione di Pechino
Le autorità cinesi non hanno preso bene l’annuncio di Donald Trump. “La posizione contraria all’imposizione unilaterale di dazi è coerente – ha detto He Yadong, portavoce del ministero del Commercio di Pechino – Imporre dazi a piacimento ai partner commerciali non risolverà i problemi degli Stati Uniti”.
Per Pechino, gli Usa “dovrebbero attenersi alle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio e collaborare con la Cina secondo i principi del rispetto reciproco, della coesistenza pacifica e della cooperazione vantaggiosa per tutti per promuovere congiuntamente lo sviluppo stabile e sostenibile delle relazioni economiche e commerciali” tra le due superpotenze.
Disaccordi con il Messico
Scintille con il Messico, dopo gli iniziali cenni di intesa. “Ribadiamo che la posizione del Messico non è la chiusura della frontiera ma costruire ponti tra i popoli”. La presidente messicana Claudia Sheinbaum Pardo, in un secondo post su X, ha negato di aver accettato di chiudere la frontiere con gli Stati Uniti.
“Nella conversazione con il presidente Trump, ha spiegato ancora, ho presentato la strategia integrale che segue il Messico per affrontare il fenomeno migratorio nel rispetto dei diritti umani. Grazie a questo ci occupiamo delle persone migranti e delle carovane prima che arrivino alla frontiera”.
La rettifica della presidente Claudia Sheinbaum Pardo
In un primo post, la presidente aveva definito “eccellente” il colloquio con il presidente eletto degli Usa, affermando di aver spiegato al tycoon la strategia messicana di gestione del fenomeno migratorio, senza fare nessun riferimento alla chiusura delle frontiere.
La posizione dell’Europa rispetto alla mossa di Trump
Di dazi si sta discutendo anche in Europa. L’Unione europea “non deve fare ritorsioni, ma negoziare” con Donald Trump, che ha minacciato dazi fino al 20% sulle importazioni statunitensi. A dichiararlo è stata la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde in un’intervista al Financial Times, sostenendo che l’Europa dovrebbe affrontare Trump con una “strategia del libretto degli assegni” in cui si offre “di acquistare determinate cose dagli Stati Uniti”, come “gas naturale e attrezzature per la difesa”. Questo, ha sottolineato Lagarde, “è uno scenario migliore di una strategia di pura ritorsione, che può portare a un processo di ‘tit-for-tat’ in cui nessuno è veramente vincitore”.