I farmaci che fanno dimagrire curano anche cuore, fegato e reni: la rivoluzione medica spiegata dal Prof. Iacobellis

Semaglutide e tirzepatide, i farmaci che riducono l'obesità (anche in pediatria) sono efficaci nella cura di apnea notturna, fibrosi epatica e insufficienza renale. Una scoperta paragonata alla penicillina.

I farmaci di ultima generazione, come semaglutide e tirzepatide, non solo combattono l’obesità e il diabete, ma curano anche l’apnea notturna, la fibrosi epatica e l’insufficienza renale. Nell’intervista a ItaliaReport USA, il Prof. Gianluca Iacobellis, endocrinologo e docente alla University of Miami, uno dei massimi esperti internazionali del metabolismo, definisce la scoperta dei nuovi farmaci anti-obesità una vera rivoluzione medica.

Negli Stati Uniti oltre 100 milioni di  persone potrebbero beneficiare delle nuove cure, una scoperta clinica pari, per impatto sociale, alla penicillina.

«Il paragone con la penicillina non è azzardato – spiega lo scienziato Iacobellis – perché questa classe di farmaci, basata su molecole come semaglutide e tirzepatide, agisce su recettori presenti nel tessuto adiposo, nell’intestino e nel cuore, modificando in profondità i meccanismi metabolici del corpo umano».

Una proiezione sociale senza precedenti

Secondo Iacobellis, gli effetti sociali di questa scoperta sono già quantificabili.
Negli Stati Uniti, circa 90-100 milioni di persone sarebbero eleggibili per il trattamento con semaglutide o tirzepatide.

“Se tutti avviassero la terapia – spiega il Professore – si potrebbe assistere a una riduzione dell’obesità del 40-45%, che con l’uso combinato dei due farmaci arriverebbe oltre il 50%. Parliamo di una potenziale riduzione della metà della popolazione obesa americana con un crollo dei costi sanitari, delle complicanze cardiache e delle malattie croniche correlate”.

L’impatto economico e sanitario di questa rivoluzione farmacologica sarebbe quindi tangibile, secondo le parole del professore, con benefici anche sul piano socioeconomico e della qualità della vita.

Obesità infantile: la prevenzione deve cominciare presto

Un capitolo centrale dell’intervista riguarda l’obesità infantile, una delle emergenze sanitarie più sottovalutate nei Paesi industrializzati.
Il semaglutide è oggi approvato anche per l’uso pediatrico dai 12 anni in su, nei casi di sovrappeso con rischio cardiometabolico. Ma Iacobellis sottolinea che l’intervento precoce è decisivo.

«Nel bambino il tessuto adiposo aumenta di numero, non di volume – spiega Iacobellis – e questa iperplasia può essere ancora reversibile. Intervenire in età prepuberale significa ridurre la quantità di cellule adipose e prevenire l’obesità cronica dell’adulto».

Il professore invita quindi a iniziare la prevenzione già nei primi anni di vita: “Dopo la pubertà le modifiche fisiologiche diventano più difficili da ottenere”.

Quando il grasso diventa una malattia

Le società scientifiche europee e americane hanno recentemente rivisto la definizione di obesità, distinguendo tra grasso in eccesso e grasso malato.

Il primo riguarda un aumento del peso corporeo con effetti meccanici o articolari, il secondo è caratterizzato da alterazioni metaboliche e infiammatorie che portano a diabete, ipertensione, disfunzioni epatiche e cardiache.

L’obesità è dunque una malattia sistemica, non un semplice eccesso ponderale.

L’obesità, negli Stati Uniti è già riconosciuta da anni come malattia sociale, mentre in Italia solo recentemente è stata introdotta una legge che la definisce ufficialmente tale. “È un passo avanti importante – spiega Iacobellis – perché aumenta la consapevolezza, incentiva la ricerca e favorisce la presa in carico da parte del sistema sanitario e dei medici di base.”

 

Exit mobile version